Nell’ultima puntata de ‘Le Iene’, il fortunato format televisivo da anni in onda su Italia Uno, l’attore Giampaolo Gambi ha recitato un piccolo ma significativo monologo nel quale, raccontando un aneddoto sportivo, ha voluto spiegare cosa significhi essere napoletani. La scelta dell’editoriale è sicuramente legata proprio a queste giornate in cui il calcio, grazie alla vittoria dello Scudetto da parte della squadra partenopea, ha rimesso al centro dell’attenzione del mondo la città di Napoli e i napoletani.
“Coppa dei Campioni 1990-91 il Napoli giocava contro l’alloro campione d’Ungheria, l’Ujpest Dozsa. – ha esordito così Gambi dinanzi alle telecamere di Mediaset – In quella partita Diego Armando Maradona non doveva giocare per un mal di schiena che si portava dietro da quand’era ragazzino. Il fisioterapista del Napoli, Carmando, nel pomeriggio provò a fargli un messaggio. Come a dire: “Vabbuò, ja. Verimme che succere”. E Diego si riprese. Scese in campo quella sera con la fascia da capitano al braccio. Il Napoli vinse tre a zero con doppietta di Diego Armando Maradona che fece un primo gol stupendo in mezza rovesciata. Il secondo gol, invece, fu il classico gol di rapina, sfruttando l’errore del portiere. Tant’è che Pizzul commentatore di quella partita, esclamò: “Quel diavolo di un Maradona”.
Ecco, essere napoletani significa alzarsi ogni giorno della propria vita con un mal di schiena atavico che ci passiamo di padre in figlio da generazione a generazione e ogni giorno diciamo: “No, oggi non cià faccio proprio”. Poi, però, ci avviciniamo alla finestra, apriamo e quell’aria densa fatta di smog, salsedine, ‘addore do mangià’, entra nelle narici e te le massaggia. Non sai come e ti riprendi. Cominci a correre in una città in cui tutti sono capitani di qualcosa, in cui ogni giorno devi segnare almeno due gol: uno per merito tuo e l’altra sfruttando l’ingenuità di qualcun altro.
Ecco essere napoletani significa vivere in un luogo dove la bellezza e la fatica di vivere fanno l’amore alla luce del sole. Essere napoletano significa vivere in Purgatorio, condannati o beati: nisciuno l’ha mai capito”.