L’Agenas del fedelissimo Coscioni boccia gli ospedali campani e De Luca si infuria: “Quell’indagine è una totale idiozia”. I fulmini del governatore arrivano nel rito della diretta del venerdì. Un evento centrale, nella liturgia del deluchismo, nutrito da un robusto apparato della comunicazione. A De Luca non va giù la pagella, diffusa giorni fa, sugli ospedali italiani.
Secondo l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, tra le 12 peggiori strutture d’Italia ben quattro sono campane: il Ruggi di Salerno, il San Pio di Benevento, il Sant’Anna di Caserta e il policlinico Vanvitelli di Napoli. Nessuna azienda ospedaliera in Campania è al top. Per quattro il giudizio sulle performance è medio: l’Ospedale dei Colli e il Cardarelli di Napoli, il San Giuseppe Moscati di Avellino e il policlinico della Federico II.
Apriti cielo: è un colpo di cannone contro la narrazione di Santa Lucia, da anni tesa a sbandierare una presunta “sanità svedese” in Campania. Per pura coincidenza, a presiedere l’Agenas c’è il cardiochirurgo Enrico Coscioni. Per anni è stato il consigliere alla sanità di De Luca, a sostegno del quale si candidò in consiglio regionale nel 2015, con la civica Campania Libera, risultando primo dei non eletti a Salerno. Insomma non è un mistero la vicinanza tra i due.
Oggi però De Luca spara a zero sulle classifiche dell’ente presieduto da Coscioni. “Questa indagine – insorge – ha fatto solo un po’ di ammuina, è totalmente priva di attendibilità scientifica”. Per motivare la reazione, il governatore fa alcuni esempi. “Fra le regioni prese in considerazione – dice De Luca – vi sono le regioni del nord – prendiamo la Lombardia e il Veneto – i cui ospedali sono stati quasi tutti trasformati in aziende territoriali. In Campania abbiamo l’azienda ospedaliera – il Cardarelli, il Moscati, il Ruggi – e poi abbiamo le Asl, le aziende territoriali. L’indagine di Agenas ha preso in esame solo le aziende ospedaliere, non le aziende territoriali”. Questo “vuol dire che in Lombardia su 29 ospedali 27 sono stati trasformati in aziende territoriali, per cui – spiega il governatore campano – l’indagine ha riguardato 2 ospedali su 29. Nel Veneto 2 su 27, in Emilia più o meno la stessa cosa”.
Ma non basta. “Secondo elemento di scorrettezza è che i dati riguardano tre anni, dal 2019 al 2021 – afferma De Luca -. La Regione Campania ha cessato il commissariamento il 24 gennaio del 2020, poi è cominciato il Covid. Quindi i dati riguardano anni abbastanza lontani, e comunque periodo nel quale per metà eravamo commissariati e per metà eravamo in pieno Covid”. A ciò aggiunge: “Hanno tenuto conto di alcuni elementi, prendiamo il personale: se una regione viene da dieci anni di commissariamento è chiaro che hai 15.000 dipendenti in meno. Non solo: hanno preso in considerazione la proporzione tra dipendenti a tempo indeterminato e a tempo determinato. Buona parte delle assunzioni che abbiamo fatto in Campania sono state fatte a tempo determinato per andare di corsa, perché eravamo già entrati nel Covid”. De Luca non vuol sentire ragioni: “Noi possiamo dire che abbiamo una sanità di eccellenza, siamo sicuramente la regione che ha investito di più in tecnologie sanitarie, anche in quei tre anni. Oggi abbiamo il più grande piano di costruzione di nuovi ospedali che ci sia in tutta Italia”. Poi concede: “Ovviamente abbiamo problemi. Uno è quello delle liste d’attesa”. Ma niente paura: “Abbiamo deciso che entro il 2023, pur avendo 15.000 dipendenti in meno, saremo una regione all’avanguardia in Italia”. E tanti saluti all’Agenas.