Tempo di lettura: 3 minuti

Nessun legame evidente con la criminalità organizzata, e neppure con la politica, ad onta dell’infiltrazione ideologica delle curve italiane, specie da destra, in atto dagli anni 90′. Un’analisi dettagliata del tifo napoletano emerge dall’ordinanza cautelare, firmata dal gip Federica Colucci del Tribunale di Napoli, sfociata oggi nell’arresto di sei ultras (due in carcere e sei ai domiciliari). Il provvedimento – eseguito dalla Digos di Napoli guidata dal primo dirigente Antonio Bocelli, coordinata dal Pm Francesco De Falco e dal Procuratore aggiunto Sergio Amato della procura partenopea – riguarda le aggressioni subite dai tifosi olandesi dell‘Ajax l’11 ottobre scorso, alla vigilia del match di Champions.

Nell’ordinanza però è riportato il lavoro svolto, negli ultimi anni, dalla Squadra Tifoserie della Digos di Napoli, istituita nel 2000, con “precisi compiti di raccolta informazioni, osservazione del fenomeno del tifo organizzato, raccordo e coordinamento delle attività degli organismi territoriali”. Le informative sottolineano che “si contraddistinguono da tempo gli ‘ultras’ partenopei, additati ormai come tra i più pericolosi gruppi organizzati nel panorama nazionale ed internazionale, fortemente inclini alla violenza e agli scontri di piazza”.

La tifoseria ultrà risulta “suddivisa in due principali gruppi: quelli che si caratterizzano per la sostanziale correttezza di comportamento, perlopiù sedenti nei settori Distinti/Tribuna ed i gruppi ultras, sedenti in Curva A e in Curva B, predisposti alle turbative di piazza, alle aggressioni verso le altre tifoserie e le FF.OO”. Sono 9 i gruppi in Curva A e 6 in Curva B. Solo per alcuni la partita “rappresenta esclusivamente l’occasione per porre in essere, in modo sistematico, aggressioni programmate e pianificate contro le tifoserie avversarie” e le forze dell’ordine. E se, di base, c’è un’assoluta “intransigenza nei confronti della normativa” sulla tessera del tifoso, alcuni gruppi della Curva A “hanno, invece, aderito alla fidelizzazione con la società, partecipando di fatto alle trasferte in campo nazionale”.

Viceversa, “tutta la tifoseria ultras partenopea, ancora oggi, non è interessata significativamente al fenomeno della ‘politicizzazione’ del tifo, sebbene si registri la presenza nelle curve di singoli militanti di movimenti politici di destra e di sinistra”. Peraltro, ogni gruppo “ha una sua collocazione geografica ben definita nell’ambito del territorio metropolitano”. In diversi casi, i “quartieri da cui prendono le mosse i suddetti sodalizi organizzati sono aree, talvolta di periferia, denotate da un elevato degrado sociale e da una densità criminale di notevole spessore, per cui può accadere che qualche esponente della tifoseria partenopea abbia collegamenti con clan metropolitani”.

Tuttavia, “attualmente, seppure qualche tifoso napoletano può essere collegato alla malavita locale, non ci sono riscontri tali da poter affermare che le dinamiche criminali cittadine si ripetano o ripercuotano nello stadio Diego Armando Maradona”. La conclusione degli investigatori: “Non ci sono dubbi, oramai, che il preciso scopo delle iniziative violente poste in essere dagli ultras è quello di generare turbative per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, nonché di esercitare pressioni nei confronti della Società Sportiva Calcio Napoli e della sua dirigenza, minacciando il compimento di illeciti all’interno ed all’esterno dello Stadio con il solo fine di incidere sulle politiche decisionali della Società”.

La Digos di Napoli traccia la mappa del tifo organizzato al ‘Maradona’