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Si aprirà il prossimo 18 gennaio, davanti alla Corte d’Assise di Milano, il processo in cui Alessandro Impagnatiello è imputato di omicidio per aver ucciso con 37 coltellate Giulia Tramontano, la sua fidanzata incinta al settimo mese, nella loro abitazione di Senago, nel Milanese, lo scorso 27 maggio. Ad accogliere la richiesta di giudizio immediato nella quale oltre all’omicidio la Procura ha contestato quattro aggravanti, tra cui la premeditazione, è stata la gip Angela Minerva.
Secondo l’indagine, coordinata dal pm Alessia Menegazzo e dall’aggiunto Letizia Mannella e condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo, Impagnatiello, ha ucciso la sua compagna, in attesa di un bambino, con 37 coltellate e poi ha cercato di bruciare e di sbarazzarsi del corpo ritrovato quattro giorni dopo l’assassinio tra le sterpaglie vicino a dei box e non molto lontano dalla loro abitazione a Senago, nel Milanese. Nei mesi precedenti, e’ la ricostruzione, avrebbe pero’ tentato di avvelenarla con il topicida. All’uomo, in carcere dal primo giugno, sono quindi stati contestati l’omicidio aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dal rapporto di convivenza, e poi l’occultamento di cadavere e l’interruzione di gravidanza non consensuale. Infatti, in base agli accertamenti e agli esiti di una consulenza autoptica, è stata rilevata la presenza di un veleno per topi, il “bromadiolone” sia nel “sangue che nei capelli” di Giulia sia nei “tessuti e capelli fetali” del bimbo che aveva in grembo, addirittura con un “incremento” della somministrazione “nell’ultimo mese e mezzo“. Inoltre è emerso pure che la 29enne, morta dissanguata, era ancora viva dopo ogni coltellata. Il 30enne, che lavorava come barman in un hotel di lusso a Milano, in base alla ricostruzione degli inquirenti e degli investigatori, aveva una doppia vita e che, stando alle indagini, avrebbe potuto uccidere anche l’altra donna con cui aveva contemporaneamente una relazione. La giovane di 23 anni, però , dopo aver conosciuto Giulia con cui era nato un legame di solidarietà, quella sera non lo fece entrare in casa per “paura“. La famiglia di Giulia, rappresentata dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti, si costituirà parte civile. Richiesta che verrà avanzata anche dal Comuna di Senago, con l’avvocato ed ex pm Antonio Ingroia.