Un film cult da decenni, cinque episodi girati contemporaneamente alle riprese cinematografiche, ma ritenuti perduti per quasi 40 anni. Ci sono tutti gli ingredienti per ingigantire l’attesa de Il Camorrista – La serie, dal 1 gennaio visibile sulla piattaforma Amazon Prime Video.
Ma l’uscita dell’opera restaurata di Giuseppe Tornatore, ispirata alla vita di Raffaele Cutolo, è preceduta da alcune polemiche. “Un insulto” l’ha definita Claudio Salvia, quando a ottobre la serie è stata presentata alla Festa del Cinema di Roma. Salvia è figlio di Giuseppe, il vicedirettore del carcere di Poggioreale. Il padre fu ucciso il 14 aprile 1981, su ordine del boss, per la sua condotta integerrima. In un’intervista all’edizione napoletana di Repubblica, Claudio Salvia si è detto “indignato”, per “una notizia che riapre ferite mai chiuse“. Un dolore che cerca “di lenire quotidianamente portando avanti una missione sociale di legalità”. A lui ha risposto Tornatore, reputando “inaccettabile” parlare di insulto. Il regista ha precisato di “condividere il sentimento” emergente dalle parole di Salvia, proclamandosi dispiaciuto per l’attacco. Ma ha rivendicato il carattere di denuncia del film, come della stessa serie inedita. Nel cast si rivedranno tutti i protagonisti del grande schermo. Da Ben Gazzara, nei panni del Professore, a Laura Del Sol nel ruolo della sorella, fino al Leo Gullotta/commissario Iervolino. Grandi interpreti, anime di una trama di successo. Un copione basato su vicende storiche di straordinaria gravità. Lacerazioni forse non superate dalla realtà campana, a dispetto del tempo. E quindi destinate a produrre altre discussioni.
“In un paese democratico e civile, è normale che si facciano queste fiction” premette don Tonino Palmese, Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Napoli, già referente regionale di Libera. “Ma riprendere una storia – spiega – ha due possibilità, una positiva e una negativa”. Secondo il prete anticamorra, l’aspetto positivo è che “dobbiamo ricordare” quegli anni. Anni in cui “la camorra aveva il controllo sullo Stato e sul territorio”. Un’era di trattative tra istituzioni e camorristi, di patti inconfessabili. “Un ragazzo oggi non potrebbe mai immaginare la barbarie di quel periodo” sottolinea don Palmese. Poi però, c’è il rovescio della medaglia. “D’altra parte c’è il pericolo della esaltazione di queste persone” considera il sacerdote. Una dinamica che potrebbe innescare “nei giovani un minimo di ammirazione ed emulazione”. E così, “c’è il rischio che la tragedia vada in secondo piano”.
E fa una premessa anche Antonio Mattone, scrittore e giornalista. “La serie bisogna vedere come è stata fatta, il film presenta molte inesattezze”. Mattone ha raccontato l’omicidio Salvia nel libro “La vendetta del boss”, pubblicato tre anni fa. Di Raffaele Cutolo ha persino raccolto la confessione, mai resa prima su quell’assassinio, per il quale era stato già condannato. Di quell’ammissione c’è una registrazione, custodita al ministero della giustizia. “Nel film di Tornatore – esemplifica il giornalista – si narra che il primo omicidio di Cutolo fu commesso perché la vittima, Mario Viscito, avrebbe abbordato la sorella Rosetta, ma questo non è vero. Ho parlato anche con persone di Ottaviano, fu tutto il contrario: Cutolo abbordò una ragazza di cui Viscito prese le difese”. Detto questo, “il problema è che personaggi inquietanti fanno sempre notizia” sostiene Mattone. Ovvero, “affascina più il male del bene”. Riflessioni venate di amarezza. Ma la circostanza non si può eludere. Ad ogni modo, Mattone specifica di “non appassionarsi troppo” alle dispute sulla fiction. “Cutolo si è capito storicamente chi fosse e cosa abbia fatto – chiarisce -, non si può dire molto di più, è anche inutile ritornarci”. Tuttavia si può “capire il dispiacere dei familiari, perché viene esaltato un personaggio che a loro ha fatto un male incredibile”. E va tenuto sempre in conto.