C’è stato anche il contributo dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale nelle indagini che hanno portato all’arresto del giovane hacker Carmelo Miano, autore di una pesante intrusione nei server del ministero della Giustizia. Lo ha detto il direttore dell’Agenzia, Bruno Frattasi, a margine del salone Cybertech Europe 2024.
“Una delle prime cose che ho voluto affrontare venendo in Agenzia – ha ricordato Frattasi – è stato quello di stabilire, attraverso anche una norma, come si può disciplinare il rapporto tra attività di resilienza e attività investigativa quando siamo in presenza soprattutto di impatti di questo genere, cioè dell’intromissione di un attaccante in un sistema delicato e critico come quello della giustizia. In questo caso – ha sottolineato – non si può operare alla cieca senza avere presente che ci sono anche le esigenze degli investigatori, che devono acquisire gli elementi di prova e devono poter risalire tutta la catena di tracce digitali che sono state lasciate dall’attaccante per poterlo arrestare”.
“Tutto questo – ha proseguito – è stato fatto in combinazione con la Procura nazionale antimafia e la Procura distrettuale e ho avuto molto piacere che il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, abbia riconosciuto questo contributo. È stato fatto un eccellente lavoro di squadra e questo lo si farà in tutte le occasioni nei quali nelle quali ci sarà questa necessità di contemperare e di mettere al sistema le due esigenze, quella di ripristinare i servizi nel più breve tempo possibile perché non possono soffrire un lungo periodo di compromissione con quella di rintracciare chi ha attaccato. Certo, quell’evento dimostra che effettivamente anche reti come quella della giustizia, possono essere esposte all’intrusione di un attaccante”.
“Una delle prime cose che ho voluto affrontare venendo in Agenzia – ha ricordato Frattasi – è stato quello di stabilire, attraverso anche una norma, come si può disciplinare il rapporto tra attività di resilienza e attività investigativa quando siamo in presenza soprattutto di impatti di questo genere, cioè dell’intromissione di un attaccante in un sistema delicato e critico come quello della giustizia. In questo caso – ha sottolineato – non si può operare alla cieca senza avere presente che ci sono anche le esigenze degli investigatori, che devono acquisire gli elementi di prova e devono poter risalire tutta la catena di tracce digitali che sono state lasciate dall’attaccante per poterlo arrestare”.
“Tutto questo – ha proseguito – è stato fatto in combinazione con la Procura nazionale antimafia e la Procura distrettuale e ho avuto molto piacere che il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, abbia riconosciuto questo contributo. È stato fatto un eccellente lavoro di squadra e questo lo si farà in tutte le occasioni nei quali nelle quali ci sarà questa necessità di contemperare e di mettere al sistema le due esigenze, quella di ripristinare i servizi nel più breve tempo possibile perché non possono soffrire un lungo periodo di compromissione con quella di rintracciare chi ha attaccato. Certo, quell’evento dimostra che effettivamente anche reti come quella della giustizia, possono essere esposte all’intrusione di un attaccante”.