Napoli come Juventus e Chelsea nel segno di Antonio Conte? Il popolo partenopeo, col campionato pronto a ripartire dopo la pausa delle nazionali, tifa per un ritorno all’approccio subito vincente del tecnico pugliese, che al primo colpo si è aggiudicato tre scudetti coi bianconeri e uno coi Blues (mentre all’Inter il titolo è arrivato al secondo anno). Le premesse sono eccellenti, il Napoli, che non disperde energie nelle coppe, è in promettente fuga, con un vantaggio che può lievitare prima degli scontri diretti. E’ il gruppo modellato da Conte che, dopo avere fatto cilecca a Verona, è partito come un treno, grazie allo strapotere fisico di Lukaku e alla qualità-quantità di McTominay, all’immissione di Buongiorno, alle sgassate di Neres. Trapianti senza rigetto che hanno fatto rifiorire Politano, Kvara, Anguissa. Sembra ritrovata l’alchimia dei tempi di Spalletti. Per non disperdere la magia o per scaramanzia, perfino De Laurentiis tace.
Ad essere preoccupate sono le altre favorite per lo scudetto, Inter e Juventus, che conoscono bene il metodo e il fattore Conte, l’ossessione della vittoria, la capacità di plasmare il gruppo per poi, alla lunga, saturarsi e dire addio per partire alla ricerca di nuovi stimoli. Se il Napoli spera, l’Inter tiene la barra dritta conscia di essere la squadra da battere per la qualità del gioco, la ricchezza di un organico completato con cura che, oltre a godersi un Dimarco in costante crescita, ha scoperto le ulteriori qualità del cannoniere Thuram, che segna di più di Lautaro. Le ombre dello scandalo ultrà stanno creando ansie passeggere per Inzaghi, la corazzata Inter pensa in grande anche in Champions.
La rivoluzione Thiago Motta-Giuntoli sta procedendo con soddisfazione: unica imbattuta, migliore difesa, migliore differenza-reti, Vlahovic ritrovato, crescita dei giovani. A pesare negativamente sono gli infortuni, lo scarso approccio dei nuovi, l’enigma Douglas Luiz. Ma le potenzialità sono notevoli, come i margini di crescita.
Tutto il resto è appeso alla concatenazione di qualche risultato favorevole e o sfavorevole, pali, rigori sbagliati, imperfezioni della Var in una classifica corta. Ma alcune impressioni sembrano già consolidate. La Lazio di Baroni ha trovato equilibrio e solidità con l’immissione di Nuno Tavares e Dia, con la crescita degli acquisti dell’anno scorso (Guendouzi, Isaksen e soprattutto Castellanos), la personalità del nuovo capitano Zaccagni. Le altre sorprese sono l‘Udinese di Runjaic, Lucca e Thauvin, il Torino di Vanoli, Ricci e Adams (ma dovrà gestire il lungo infortunio che l’ha privato di Zapata), l‘Empoli di Fazzini, Esposito e Colombo.
Le negatività si concentrano su Milan e Roma. Fonseca ha schivato l’esonero col trionfo nel derby ma i risultati sono altalenanti (la Champions è in parte compromessa) e l’anarchia di alcuni atteggiamenti (i veterani Theo Hernandez e Leao, il rigore sottratto al designato Pulisic) disegnano uno scenario complesso che potrebbe degenerare. Sta peggio però la Roma dopo l’oscuro strappo con De Rossi (cacciato, come ha acutamente detto Claudio Ranieri, prima di avere avuto il tempo di commettere errori), mai spiegato dalla dirigenza, la contestazione strisciante dei tifosi, la crisi psicologico-ambientale di Pellegrini, le incongruenze di mercato, le difficoltà di segnare. Juric stenta a orientarsi in questo caos, si tiene stretto Dovbik, conferma l’emergente Pisilli, ma restano ai margini quasi tutti i protagonisti del costoso mercato.
Più luci che ombre per altre due protagoniste. L’Atalanta ha cambiato molto con risultati altalenanti, ma nelle occasioni che contano si rivede la Dea forgiata da Gasperini con un Retegui più completo e maturo, implacabile in zona gol. La Fiorentina di Palladino sembra essersi liberata dal freno dei pareggi e ora, con Kean e un Gudmundsson recuperato (e assolto dal processo in Islanda per violenza sessuale) può avanzare in classifica. Era previsto il parziale ridimensionamento del Bologna dopo l’addio di Motta, Calafiori e Zirkzee, ma Italiano sta valutando diversi progressi, a partire dalla maturazione di Castro in zona gol.
Le altre otto squadre, racchiuse in cinque punti, lotteranno fino alla fine per salvarsi. Sarà una competizione molto interessante, con due delle tre neopromosse, Como e Parma, che sembrano avere potenzialità individuali e collettivi per emergere. Quelle messe peggio finora, Venezia e Monza, hanno gli strumenti per risollevarsi ed evitare a Di Francesco e Nesta la frustrazione dell’esonero.
Ad essere preoccupate sono le altre favorite per lo scudetto, Inter e Juventus, che conoscono bene il metodo e il fattore Conte, l’ossessione della vittoria, la capacità di plasmare il gruppo per poi, alla lunga, saturarsi e dire addio per partire alla ricerca di nuovi stimoli. Se il Napoli spera, l’Inter tiene la barra dritta conscia di essere la squadra da battere per la qualità del gioco, la ricchezza di un organico completato con cura che, oltre a godersi un Dimarco in costante crescita, ha scoperto le ulteriori qualità del cannoniere Thuram, che segna di più di Lautaro. Le ombre dello scandalo ultrà stanno creando ansie passeggere per Inzaghi, la corazzata Inter pensa in grande anche in Champions.
La rivoluzione Thiago Motta-Giuntoli sta procedendo con soddisfazione: unica imbattuta, migliore difesa, migliore differenza-reti, Vlahovic ritrovato, crescita dei giovani. A pesare negativamente sono gli infortuni, lo scarso approccio dei nuovi, l’enigma Douglas Luiz. Ma le potenzialità sono notevoli, come i margini di crescita.
Tutto il resto è appeso alla concatenazione di qualche risultato favorevole e o sfavorevole, pali, rigori sbagliati, imperfezioni della Var in una classifica corta. Ma alcune impressioni sembrano già consolidate. La Lazio di Baroni ha trovato equilibrio e solidità con l’immissione di Nuno Tavares e Dia, con la crescita degli acquisti dell’anno scorso (Guendouzi, Isaksen e soprattutto Castellanos), la personalità del nuovo capitano Zaccagni. Le altre sorprese sono l‘Udinese di Runjaic, Lucca e Thauvin, il Torino di Vanoli, Ricci e Adams (ma dovrà gestire il lungo infortunio che l’ha privato di Zapata), l‘Empoli di Fazzini, Esposito e Colombo.
Le negatività si concentrano su Milan e Roma. Fonseca ha schivato l’esonero col trionfo nel derby ma i risultati sono altalenanti (la Champions è in parte compromessa) e l’anarchia di alcuni atteggiamenti (i veterani Theo Hernandez e Leao, il rigore sottratto al designato Pulisic) disegnano uno scenario complesso che potrebbe degenerare. Sta peggio però la Roma dopo l’oscuro strappo con De Rossi (cacciato, come ha acutamente detto Claudio Ranieri, prima di avere avuto il tempo di commettere errori), mai spiegato dalla dirigenza, la contestazione strisciante dei tifosi, la crisi psicologico-ambientale di Pellegrini, le incongruenze di mercato, le difficoltà di segnare. Juric stenta a orientarsi in questo caos, si tiene stretto Dovbik, conferma l’emergente Pisilli, ma restano ai margini quasi tutti i protagonisti del costoso mercato.
Più luci che ombre per altre due protagoniste. L’Atalanta ha cambiato molto con risultati altalenanti, ma nelle occasioni che contano si rivede la Dea forgiata da Gasperini con un Retegui più completo e maturo, implacabile in zona gol. La Fiorentina di Palladino sembra essersi liberata dal freno dei pareggi e ora, con Kean e un Gudmundsson recuperato (e assolto dal processo in Islanda per violenza sessuale) può avanzare in classifica. Era previsto il parziale ridimensionamento del Bologna dopo l’addio di Motta, Calafiori e Zirkzee, ma Italiano sta valutando diversi progressi, a partire dalla maturazione di Castro in zona gol.
Le altre otto squadre, racchiuse in cinque punti, lotteranno fino alla fine per salvarsi. Sarà una competizione molto interessante, con due delle tre neopromosse, Como e Parma, che sembrano avere potenzialità individuali e collettivi per emergere. Quelle messe peggio finora, Venezia e Monza, hanno gli strumenti per risollevarsi ed evitare a Di Francesco e Nesta la frustrazione dell’esonero.