È stata archiviata dal Gip di Reggio Emilia, su richiesta della Procura, l’inchiesta aperta dopo un esposto presentato dal sindaco di Rubiera, Emanuele Cavallaro, su 52 morti fra il 1985 e il 2014 per presunta esposizione all’amianto prodotto dalla Icar spa, poi divenuta ‘Industria Eternit Reggio Emilia spa’ sulla via Emilia a Rubiera (nella zona ceramiche di Reggio Emilia). Lo riporta il Resto del Carlino di Reggio Emilia.
Sul registro degli indagati per il reato di omicidio colposo erano stati iscritti Stephan Ernst Schmidheiny (ultimo proprietario dell’azienda) e Luigi Giannitrapani (ex ad dell’Eternit di Rubiera). La produzione di lastre di amianto a Rubiera è stata attiva dal 1960 al 1992, quando una legge l’ha messa al bando in tutta Italia. Il fascicolo era stato inviato alla magistratura reggiana dopo che, nel 2016, a Torino in processo ‘Eternit-bis’ era stato spacchettato in quattro tronconi, derubricando il reato da omicidio volontario a colposo (escludendo quindi il dolo) e le carte destinate alle procure di competenza, in cui avevano sede i distaccamenti della Eternit: Cavagnolo (Torino), Bagnoli (Napoli), Casale Monferrato (Vercelli) e, appunto, Rubiera (Reggio Emilia).
Le varie inchieste hanno avuto destini diversi: il 23 maggio 2019 a Torino Schmidheiny è stato condannato a quattro anni per il decesso di due ex lavoratori di Cavagnolo; un’altra sentenza a un anno e otto mesi è arrivata sempre a Torino il 16 febbraio scorso per il decesso di un altro lavoratore; il 6 aprile 2022 la Corte d’Assise di Napoli ha condannato l’imprenditore svizzero a tre anni e sei mesi per l’omicidio colposo di uno degli operai deceduto a causa di prolungata esposizione all’amianto; il 7 giugno scorso la Corte d’Assise di Novara ha condannato sempre Schmidheiny a 12 anni di carcere, per la morte di 392 persone a Casale Monferrato. A Reggio Emilia invece non si è mai arrivati al processo. Il giudice per le indagini preliminari Luca Ramponi ha archiviato il fascicolo nel gennaio 2021, in piena emergenza Covid, su richiesta della stessa procura. Secondo il pm Giulia Stignani, infatti, risulterebbe “impossibile attribuire agli indagati la responsabilità per le morti delle persone offese a causa della inalazione dell’amianto per la mancanza di accertamento del nesso di causalità tra il momento della incubazione e quello della morte”.