Alessandro Cosentino, leader del gruppo ultras Fedayn 79, storica formazione del tifo organizzato azzurro, risponde alle nostre domande su quello che sta succedendo a Napoli in queste settimane.
Alessandro, allora lei è il cattivo…
Alessandro, allora lei è il cattivo…
“Eccomi sono qui. Ecco il cattivo. Oggi tutti cercano di intervistare i cattivi…”.
Quanti anni ha?
“54 compiuti ieri”.
Sposato? Figli?
“Ho una bimba di 5 anni, il figlio della mia compagna ne ha 13. E’ il maschio che avrei voluto”.
Lavoro?
“Sono un imprenditore del settore dell’abbigliamento. Giro l’Italia per tutta la settimana”.
Da quanti anni allo stadio?
“38”.
Diciamo subito una cosa: la rissa tra tifosi di ieri in Curva B è stata un brutto episodio.
“Sono d’accordo con lei, è brutto quello che è successo. C’erano tanti ragazzini, non abbiamo dato un buon esempio”.
E’ vero che vi è stato vietato di introdurre megafoni, tamburi, bandiere e striscioni allo stadio?
“Sì, è così. La Ssc Napoli non vuole e la Questura esegue. Non ci fanno entrare il materiale nelle curve, mentre nel settore ospiti e nel resto dello stadio è consentito”.
Il motivo?
“Una specie di castigo, sarebbe dovuto durare due mesi dopo i fatti di Badia Al Pino, poi c’è stato il caos con l’Eintracht ed è stato prolungato. In più, abbiamo saputo che tutte le restanti partite di campionato in casa saranno riservate ai possessori di Fidelity Card, quindi i gruppi non tesserati verranno esclusi dagli spalti. Una regola che va contro le indicazioni del ministero dell’Interno, ma verrà applicata”.
Come vi viene comunicato il divieto di introdurre bandiere, striscioni, megafoni e tamburi?
“Con dei messaggini inviati dalle autorità”.
Cioè vi arriva un sms o un whatsapp dove c’è scritto “non portate le bandiere”?
“Esatto”.
Sembra assurdo…
“La storia va raccontata tutta. Sono 18 anni che la società cerca di emarginare i tifosi dei gruppi organizzati, eppure se non fosse stato per noi ora la società si chiamerebbe Napoli Soccer e avrebbe rinunciato ai trofei conquistati nella sua storia. Il presidente pro tempore del Napoli non ha mai rispettato le nostre tradizioni, non solo per quel che riguarda il calcio: vuole così, e il Questore esegue. Con tutti i problemi che ha la nostra città, sembra che il principale siano le bandiere e i megafoni in curva. Inoltre si colpiscono tutti i gruppi, indistintamente, sparando nel mucchio”.
Vi accusano di chiedere biglietti gratis…
“Mai successo, abbiamo sempre pagato, in casa e in trasferta. Le coreografie le realizziamo con una colletta: 5 euro a testa. Eravamo già all’opera per alcune coreografie molto belle, ma non ce le faranno realizzare. Vuol dire che le installeremo nei nostri quartieri”.
Non c’è un modo per recuperare il rapporto con la società?
“Abbiamo tentato in tutti i modi, ma credo che al presidente non interessi”.
Lo stadio senza tifo organizzato è triste, anche la squadra ne risente…
“Mi creda, sono avvilito. Per decenni ho seguito la squadra ovunque, in tutto il mondo, sacrificando affetti, famiglia, e adesso che siamo a un passo dal traguardo ci vediamo messi da parte”.
Eppure tanti opinionisti da un lato criminalizzano gli ultras e dall’altro si lamentano della mancanza del tifo. Come è possibile?
“Tranne qualche eccezione, i giornalisti sportivi napoletani soffrono di complessi di inferiorità, non sono riusciti a fare il salto di qualità, nel resto d’Italia sono sconosciuti, e quindi capisco la loro frustrazione, che li porta a esprimere concetti come questo che lei ha citato, fuori da ogni logica. Hanno il loro blogghino, il loro spazio su qualche tv locale, e si sfogano così”.