Napoli – Mandava al macero ordinanze, decreti di intercettazione, sentenze, fatture, avvisi, richieste e impugnazioni di sentenze non per soldi (come riportato in precedenza) ma per sottrarsi al lavoro, Maria Rosaria Orefice, quasi 57 anni, funzionario giudiziario “pro tempore” della IV sezione Penale della Corte di Appello di Napoli per il quale il gip di Napoli Fabio Provvisier ha disposto oggi gli arresti domiciliari. Alla donna gli inquirenti contestano la soppressione e distruzione di atti, corruzione, peculato, accesso abusivo ad un sistema informatico e truffa in danno dell’Amministrazione. In più occasioni la funzionaria manifesta a terzi, scrive il gip, “preoccupazione sia per la mole di lavoro in capo al suo ufficio – a suo dire eccessivamente elevata – sia per la circostanza che alcuni fascicoli risulterebbero smarriti”, peraltro, “…con il silenzio di altri appartenenti all’amministrazione giudiziaria…”. Non solo.
I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli, coordinati dal generale Domenico Napolitano, per raccogliere prove e, contestualmente, evitare che questa imponente mole di fascicoli finisse al macero, nottetempo si recavano nel Palazzo di Giustizia per “salvare” gli atti fotografandoli. In un passaggio dell’ordinanza emerge addirittura il disappunto di un addetto alle pulizie che si lamenta, mentre svuota il contenitore della carta posto nell’ufficio della Orefice, della quantità di carta cestinata. Tra gli atti salvati dalla Guardia di Finanza, figurano anche delle integrazioni a un procedimento riguardante il narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale, arrestato la scorsa estate e recentemente trasferito a Napoli dalle autorità di Dubai, e documentazione su Pasquale Fucito, alias ‘o Marziano, narcotrafficante del Parco Verde di Caivano.
A Maria Rosaria Orefice viene contestato dalla Procura anche il reato di corruzione, per essersi resa disponibile ad intercedere presso un giudice affinché accogliesse un’istanza presentata da un avvocato che in precedenza era stata rigettata. Un favore concesso dalla funzionaria in cambio della promessa, da parte del professionista, di un suo interessamento per favorire il figlio (che figura tra gli indagati insieme con un altro dipendente) nell’accesso alla scuola di specializzazione per le professioni legali. Il reato di peculato, invece, le viene contestate per essersi appropriata di una marca da bollo di 16,47 euro, successivamente consegnata al figlio affinché la monetizzasse. All’altro arrestato, l’assistente giudiziario della IV Sezione Penale della Corte di Appello di Napoli Gennaro De Maio, 64 anni, invece, viene contestato, tra l’altro, di avere fornito informazioni e certificati (penali, carichi pendenti, copie di atti relativi a procedimenti penali) a terzi accedendo ai sistemi informatici con le credenziali di un altro dipendente. A De Maio viene anche contestato di avere intascato denaro per il rilascio di numerose pagine di un fascicolo.