Tanti fondi del Comune di Napoli finiranno nelle casse piemontesi, e stavolta non c’entrano i Savoia e i Borbone. La questione è seria, a sentire il consigliere comunale Massimo Cilenti. Riguarda un tema cruciale come la digitalizzazione dell’ente municipale. “Perché dovremmo partire dall’assunto che siamo in pieno confronto sull’autonomia differenziata” ricorda l’esponente di Napoli Libera, parte della composita maggioranza. Una coalizione dove oggi si è registrato un cortocircuito, col consiglio sciolto per assenza del numero legale. “Ci sono molti problemi nell’amministrazione – dichiara Cilenti ad Anteprima24-, soprattutto il mancato confronto costante con la giunta”.
Stamane, senza lo stop, si sarebbe dovuta discutere la proposta di aderire al Consorzio per il Sistema Informativo. Appunto, il Csi Piemonte. Un ente di diritto privato in controllo pubblico, col compito di svolgere attività strumentali per i consorziati. Questi ultimi, infatti, possono affidare direttamente al Csi lo sviluppo e la gestione dei propri sistemi informatici. Servizi di cui usufruirà Palazzo San Giacomo, prossimo consorziato ordinario, grazie ad contributo annuale di 4.000 euro. Ma non sono certo queste le vere somme in ballo. “Spostiamo ricchezza a Torino, e anche la possibilità di assunzioni, che vengono fatte dal consorzio” sostiene Cilenti. Per il 2024, il governo ha stanziato circa 6 miliardi di euro per la digitalizzazione degli enti locali. Non si conosce la quota destinata a Napoli, ancora da assegnare. Ma il consigliere comunale ipotizza “sia tra i 3 e i 400 milioni di euro”.
D’altro canto, nel cda del consorzio siedono 2 membri nominati dalla Regione Piemonte, uno dal Comune di Torino e uno dalla Città Metropolitana torinese, un altro eletto dall’università e dal Politecnico di Torino. “Avremo la parte residuale – afferma Cilenti – di quelli che aderiscono e forse vengono ascoltati”. E inoltre “il Comune di Napoli porterà a Torino denari, e non potrà incentivare professionalità esistenti nel suo territorio e in Campania”. Sulla gestione dei fondi, secondo il consigliere di Napoli Libera, “non ci sarà neanche il controllo degli enti partecipanti, non è previsto dallo statuto del Csi”. E sul piano operativo “tutte le procedure difficoltose dell’amministrazione comunale verrebbero superate dal consorzio stesso, il quale potrà spendere liberamente senza doversi confrontare con nessuno”. In pratica, il Comune di Napoli darebbe in mano ai piemontesi tutto il dossier digitalizzazione. Ciascun consorziato, sulla base delle esigenze, individua le attività da conferire al Csi. Questo avviene tramite Programma di Attività annuale. I reciproci rapporti sono regolati da convenzioni quadro, e da atti di affidamento delle forniture.
Il Comune di Napoli ritiene vi siano diversi vantaggi, elencati nella delibera di giunta. Un atto approvato su proposta del sindaco Manfredi e dell’assessore al bilancio Baretta. Il Csi Piemonte viene presentato come “una delle più importanti aziende informatiche italiane”, operante nel settore “da più di 40 anni”. D’altronde, è considerata vantaggiosa la formula dell’in-house providing. Vale a dire, i servizi erogati sono proiezione degli stessi enti partecipanti. Nella visione di Palazzo San Giacomo, ciò comporterà la riduzione di costi e tempi di approvvigionamento. La relazione tecnica di adesione, peraltro, non esclude la possibilità di avvalersi di altre modalità di acquisizione dei servizi/prodotti informatici. Avverrebbe, all’occorrenza, in caso di miglior convenienza tecnica o economica. Tuttavia Cilenti non la pensa così. Per esempio, avrebbe preferito un interpello degli atenei campani. A cominciare dalla Federico II, “per rimanere ad un ambito molto caro a questa amministrazione”. Ma niente da fare: la strada scelta sembra proprio un’altra.