Tempo di lettura: 2 minuti

Sono i contorni di un post-liberalismo oligarchico e illiberale, e forse di una post-democrazia, quelli ritratti in “Lo Stato del potere -Politica e diritto ai tempi della post-libertà” (ed.Meltemi, 18 euro). Uno scenario ricostruito da Carlo Iannello, professore di Diritto costituzionale all’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, dove insegna Diritto pubblico dell’economia, Diritto dell’ambiente e Biodiritto. Un saggio profetico il suo, guardando a fenomeni come il trumpismo di ritorno, o alla prepotente ascesa di Elon Musk. Lo sguardo dell’autore indaga la situazione italiana, ma si allarga fatalmente all’Occidente.

Cosa è rimasto delle antiche liberal-democrazie? Un campo di rovine. Il neoliberalismo ha liquidato il liberalismo. È stato abbandonato ogni fine sociale. Le vecchie istituzioni hanno tenuto in piedi il solo apparato autoritario, essenziale al mercato. Asservito lo Stato all’economia, è stata neutralizzata la politica, hanno scardinato i principi liberaldemocratici e la prescrittività delle costituzioni. Secondo Iannello, il neoliberalismo ha condannato la democrazia e il diritto pubblico ad una prolungata agonia.

Alla sempre maggiore concentrazione dei capitali corrisponde un’inedita centralizzazione delle decisioni. La crisi della liberal-democrazia, inevitabilmente, è anche un avviso di sfratto al parlamentarismo. Sono ora gli stessi attori del capitalismo transnazionale a governare di fatto l’economia e la società. Le modalità rimandano alle pianificazioni dello Stato interventista. Ma non tutto è perduto, per Iannello. La torsione dello Stato post-liberale può ancora essere contrastata. A patto però, di ridare forza “al progetto profondamente umano contenuto nella Costituzione repubblicana”. La Costituzione, ricorda l’autore, è costruita sul primato della persona rispetto allo Stato e alla tecno-economia. E ogni tanto fa bene ripeterselo.