NAPOLI – Enrico Letta, ieri, nel corso della direzione nazionale del Pd, ha ribadito il no all’alleanza con il Movimento 5 Stelle: “Un no irreversibile”, ha scandito. E la sua linea è stata sostenuta all’unanimità: fine dei giochi con i grillini.
“Del resto – ha ragionato il numero uno del Nazareno – Basta vedere i sondaggi di ciò che pensano i nostri elettori dei 5 Stelle…”. Il riferimento era all’analisi di YouTrend per Sky Tg24 dell’altroieri: solo il 12,4% di chi vota Pd vorrebbe continuare la storia con i pentastellati.
Rassegnati alla chiusura del capitolo, tra l’altro, si sono dimostrati anche coloro i quali, della sinistra interna al Pd, fino alla fine, hanno creduto in un’intesa giallorossa. “Il M5s ha risolto la sua natura scegliendo la peggiore destra di sempre”, ha declamato Peppe Provenzano. Mentre Gianni Cuperlo ha individuato nella scelta del M5S di rompere il giocattolo del Governo Draghi un “folle tentativo di rigenerarsi”.
E quindi: sempre nella direzione di ieri, Letta ha avuto mandato a stringere “alleanze tecniche”.
E, in realtà, nei giorni scorsi, già si era avviato su questa via, offrendo, a mezzo stampa, un posto al sole nelle liste dem a Roberto Speranza, ad esempio, segretario nazionale di Articolo Uno.
Di più: è a buon punto anche l’alleanza con il duo Fratoianni-Bonelli, con Sinistra Italiana e Verdi.
Si può considerare puntellata, quindi, la copertura a sinistra?
Nemmeno per sogno. Perchè l’amore che gli iscritti napoletani ad Articolo Uno nutrono per il Movimento 5 Stelle non conosce davvero limiti. Qui ci sono i più contiani di Conte.
Se ieri sera, infatti, il leader dei 5 Stelle si lamentava di essere stato “bullizzato” dai dem e ha annunciato di voler correre per il “campo giusto” dato che è morto quello “largo”, questa mattina, Francesco Dinacci, il coordinatore dei bersaniani partenopei, ha distribuito via WhatsApp una lunghissima nota nella quale invita ancora caldamente il Pd a ripensarci: senza 5 Stelle non si può stare.
“Non possiamo rassegnarci all’idea ineluttabile che il dialogo con il M5S, corresponsabile della precipitazione elettorale, sia già dichiarato morto, prima ancora di iniziare una discussione sulle alleanze per il campo progressista”.
“Servirebbe invece uno sforzo comune, innanzitutto del Pd, che, essendo la principale forza democratica, dovrebbe maturare un orientamento politico più aperto e ragionato. E il M5S, che non è ancora giunto a definire una propria identità programmatica precisa, ma con il quale abbiamo governato bene nel governo Conte II, dovrebbe riflettere meglio, anziché rifugiarsi in modo ostinato nella convinzione di una insensata corsa solitaria”.
“Da Napoli, laboratorio dell’alleanza nazionale tra il Pd e il M5S con cui si è aperta una nuova esperienza amministrativa attorno al sindaco Gaetano Manfredi, Articolo Uno, con la stessa coerenza e convinzione con cui ha lavorato più di tutti al successo del patto amministrativo per la città, auspica che si riapra una riflessione che possa rilanciare il campo largo e il dialogo con il M5S, per fermare una destra che insidia le periferie e parla, ingannandoli, ai ceti popolari spaventati dalla crisi, non escludendo anche possibili accordi tecnici se ve ne fossero le condizioni”.
Nota a margine uno. I bersaniani addossano al Pd anche la colpa della scissione di Luigi Di Maio: a proposito delle responsabilità per la caduta del Governo Draghi, scrivono che “vanno cercate anche tra quanti, nel vigore di un’antipolitica tecnocratica, hanno fomentato e provocato passo dopo passo la scissione tra i Cinque Stelle e non hanno voluto mediare per costruire un nuovo patto di governo con un’agenda sociale più netta”.
Nota a margine due che (forse) manco Marco Travaglio: “Non vanno dimenticate inoltre le responsabilità di chi ha lavorato e tramato affinché l’esperienza giallorossa (il governo Conte II, ndr) finisse da un giorno all’altro, senza motivazioni politiche evidenti”.
Nota a margine tre: freschi di una bell’assemblea con Arturo Scotto in cui, sulla scorta del reportage di Alessandro Di Battista da Mosca pubblicato dal Fatto, hanno detto peste e corna della Nato, dell’Europa e dell’aiuto italiano all’Ucraina attaccata dalla Russia di Putin (Santa Maria la Nova, 4 luglio), immancabile il passaggio sulla costituzione “più bella del mondo”: “A questo punto, occorre un salto di qualità e un’iniziativa coraggiosa di tutte le forze democratiche e progressiste, assieme a quanti vogliono difendere i valori della Costituzione minacciati da una destra che già si presenta con il peggior volto autoritario, xenofobo, oscurantista, corporativo e liberista”.
Insomma: se è da intendere come una dichiarazione (d’amore), è abbastanza d’antan.