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Torre Annunziata (Na) – Sono tre le gare bandite dal Comune di Torre Annunziata sospese per ”anomalie nelle procedure di aggiudicazione e/o affidamento” finite al centro dell’inchiesta che sta facendo tremare i palazzi della politica nella città vesuviana. È quanto emerge dagli incartamenti che hanno portato all’emissione di dodici avvisi di garanzia e alle perquisizioni nelle abitazioni private e negli uffici degli indagati. L’inchiesta ruota attorno a Salvatore Onda, nipote di Umberto Onda, detenuto in regime di 41 bis e considerato elemento di spicco del clan Gionta, ritenuto dai pubblici ministeri, che per conto della Dda seguono l’inchiesta, ‘‘in grado di esercitare un’influenza costante, con altrettanta costante opera di condizionamento dell’attività amministrativa del Comune di Torre Annunziata”. Le tre gare in questione sono la procedura per l’affidamento del sistema di videosorveglianza del territorio; quella per la concessione del servizio di gestione delle aree di sosta a pagamento senza custodia con utilizzo di parcometri ed accertamento delle violazioni; e quella per la realizzazione di un parcheggio interrato.

Prima il ritrovamento di un ordigno inesploso del tipo ”bomba ananas” di fabbricazione serba nel Caf gestito dai commercialisti Marco Varvato e Francesco Conte (anche loro coinvolti nell’inchiesta) il 31 ottobre del 2019. Poi, qualche giorno dopo, il 2 novembre dello stesso anno, l’esplosione contro la serranda dello stesso studio di alcuni colpi di arma da fuoco. E’ da questi due episodi intimidatori che è partita l’inchiesta che sta scuotendo in queste ore il mondo politico di Torre Annunziata. Dalle indagini è emerso come lo studio si occupasse della gestione di attività e società riconducibili alla famiglia Onda e in particolare a Salvatore Onda, nipote di Umberto Onda, detenuto in regime di 41 bis e considerato elemento di spicco del clan Gionta. Proprio le attività di monitoraggio avviate su Onda avrebbero permesso di rilevare come l’uomo (considerato a capo della presunta organizzazione) avrebbe rivestito ”un ruolo chiave – sottolineano i tre pubblici ministeri che indagano sul caso – nella vita politica di Torre Annunziata, costituendo elemento di raccordo e collegamento tra amministratori pubblici del Comune, consiglieri regionali ed imprenditori che gestiscono i vari servizi concessi in appalto dal Comune in maniera diretta o attraverso società ‘partecipate”’. L’indagine, condotta dalla Dda, vede iscritti nel registro degli indagati dodici soggetti, tra i quali l’attuale sindaco di Torre Annunziata Vincenzo Ascione, l’ex vicesindaco Luigi Ammendola, coinvolto in un’altra indagine insieme all’ex dirigente dell’ufficio tecnico Nunzio Ariano (anche lui tra gli indagati in questo ulteriore filone), il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Raiola e l’assessore Luisa Refuto, tutti accusati in concorso di associazione di tipo mafiosa, traffico di influenze e corruzione (per quest’ultimo reato il primo cittadino non è indagato). Tra le persone raggiunte da avviso di garanzia figura anche l’ex consigliere regionale Carmine De Pascale, accusato di traffico di influenze in concorso.

Sarebbero stati costanti e stretti i rapporti che intercorrevano tra Salvatore Onda, nipote di Umberto Onda, detenuto in regime di 41 bis e considerato elemento di spicco del clan Gionta, e l’ex consigliere regionale Carmine De Pascale. Entrambi sono indagati nell’ambito dell’inchiesta che ieri ha portato alla perquisizione del Comune di Torre Annunziata con l’emissione di dodici avvisi di garanzia a carico di amministratori, imprenditori ed altri soggetti ritenuti in grado di condizionare la macchina amministrativa della città vesuviana. Nel fascicolo d’inchiesta è finita in particolare una telefonata intercettata dagli inquirenti il 15 marzo 2020, in pieno lockdown, nel corso della quale – secondo i pubblici ministeri che indagano sul caso – sarebbe emerso che Ondaera in contatto con un imprenditore che gli proponeva l’intermediazione per la fornitura alla Regione Campania di una ingente quantità di mascherine sanitarie da utilizzare per l’emergenza Coronavirus e nel caso l’affare fosse andato in porto avrebbe preso una non specificata provvigione”.