Il tribunale del Riesame di Napoli (ottava sezione presieduta dal giudice Capozzi e composta dai magistrati Ruggiero e Consiglio) ha confermato il sequestro bis disposto dalla DDA di Napoli (pm Henry John Woodcock e Simona Rossi) nei confronti dei componenti un’organizzazione malavitosa avellinese, denominata “il clan delle aste”, la cui esistenza è stata sancita lo scorso 27 aprile dal Tribunale di Avellino con una sentenza.
Ai sigilli, apposti dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, si erano opposti quattro legali componenti il collegio difensivo: gli avvocati Villani, Furgiuele, Taormina e Botti.
Si tratta della reiterazione di un sequestro già operato dai finanzieri su delega della Procura antimafia partenopea nei confronti degli indagati Armando Aprile, Gianluca Formisano, Antonio Barone e Livia Forte.
Sulla base di questa nuova sentenza, quindi, restano sotto sequestro 70 immobili, 26 terreni, 6 società, 3 autoveicoli e quasi 600 mila euro.
“Hanno agito come l’antistato, come protagonisti di un diffuso sistema di corruzione e di collusioni grazie al quale sono stati in grado di gestire il settore delle aste“: non lasciano dubbi le motivazioni della sentenza con la quale il tribunale di Avellino, lo scorso 27 aprile, ha sancito l’esistenza di una nuova presunta organizzazione malavitosa irpina battezzata dai media “il clan delle aste”.
“I dati processuali acquisiti al termine del dibattimento”, si legge ancora nelle motivazioni dei giudici del collegio A della prima sezione penale presieduta da Roberto Melone, “hanno restituito, con granitica certezza, la prova dell’esistenza di un sodalizio di natura camorristica”.
A differenza di quanto ipotizzato dagli inquirenti, e cioé che gli imputati fossero legati alla organizzazione malavitosa irpina denominata “Nuovo Clan Partenio”, per i giudici invece, ci si è trovati di fronte a una nuova presunta associazione a carattere mafioso “dedita alle turbative d’aste… in alcun modo assimilabile ovvero ricollegabile, in quanto la stessa è risultata scollegata da qualsiasi altra struttura preesistente e astrattamente configurabile come organizzazione madre”.
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Distrettuale Antimafia di Napoli avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Avellino al termine del cosiddetto processo “aste Ok”.
I giudici irpini, lo scorso 27 aprile, optarono per il trasferimento degli atti a Napoli affinché gli inquirenti formulassero un nuovo capo di imputazione.
Contestualmente, pur riconoscendo esistenza una disponendo di una presunta nuova organizzazione malavitosa, venne anche disposta l’immediata scarcerazione degli imputati.