Una chiesa sconsacrata del XIV secolo diventa pizzeria, e riesplode lo scontro sul Centro Storico di Napoli. “Ma nell’area Unesco, il Comune non aveva bloccato le licenze per la ristorazione nei prossimi 3 anni?” chiede Antonio Pariante, presidente del Comitato Civico Portosalvo. La domanda non è affatto campata in aria. Nel luglio scorso, Palazzo San Giacomo ha annunciato la stretta nel Centro Storico. Una misura per vietare, fino al 2026, l’apertura di nuove attività commerciali del comparto food and beverage. La Santissima Pizza, questo il nome – forse inevitabile – del locale, ha però aperto lo scorso 27 marzo in via San Paolo. Siamo nel cuore dei Decumani.
La pizzeria sorge dove un tempo era la chiesa di Santa Maria Porta Coeli, un tempio gotico del XIV secolo. Secondo le testimonianze scritte di Roberto Pane, conteneva in origine il sepolcro di Ferdinando Pandone e una statua di Girolamo Santacroce. Degli affreschi parietali non vi è più traccia. “Abbiamo tutti i permessi per operare” dice Salvio Costagliola, uno dei due giovani titolari di Santissima Pizza, contattato da Anteprima24. E assicura: “Abbiamo già avuto tutti i controlli per quanto riguarda l’accatastamento, è venuta l’Asl, nessun problema”. I dubbi sullo stop alle licenze? “È vero che – spiega l’imprenditore – sono bloccate per tre anni, ma noi siamo subentrati ad una partita Iva già esistente con annesso permesso di aprire un’attività di ristorazione”. Costagliola racconta l’iter per l’avvio dell’attività, a suo dire non semplice. L’immobile è ovviamente di valore storico. “C’è anche la Sovrintendenza di mezzo – precisa il titolare – c’è voluto un po’ di tempo, abbiamo iniziato i lavori un annetto fa. Ci sono cose che abbiamo potuto toccare e altre no”. Quanto alle polemiche, ci tiene fare alcune puntualizzazioni. “Non c’è nulla di cui scandalizzarsi, fino ad ora – dichiara l’imprenditore – questo è stato un posto trascurato da qualunque ente. Era chiuso con due saracinesche, finestre arrugginite e un affresco del 1200 che non si vedeva proprio più”. Insomma “era un luogo dimenticato da tutti, adesso è molto più bello di prima”. I locali sono affittati alla pizzeria. “Da un privato, non certo dallo Stato” sottolinea Costagliola.
“La sostanza è un’altra ed è chiaramente politica” osserva viceversa Pariante. “L’amministrazione comunale – afferma il presidente del comitato – ha celebrato il grande convegno internazionale dell’Unesco a novembre scorso, ha emanato una delibera nella quale dichiara di voler mettere un limite a queste attività nel centro antico. Poi ci ritroviamo con l’ennesima pizzeria, che addirittura apre in una ex chiesa”. Pariante rileva, in pratica, una grande contraddizione. “Che senso ha – riflette – parlare di tutela del patrimonio e della delibera che si sta sviluppando per l’aggiornamento del piano di gestone del Centro Storico, quando poi le pizzerie stanno letteralmente subissando il territorio, che non è più degno di essere nella lista Unesco?“. Oggi l’area è “solo un gradissimo centro antico, pieno zeppo di friggitorie e pizzerie, lontano da una sistemazione adeguata e rispettosa dei luoghi”. Tutto questo “almeno secondo il nostro modesto avviso, poi è chiaro che chi ha aperto questa pizzeria aveva ‘le carte a posto'”. Il Comitato Portosalvo però vuole mantenere “il punto di osservazione in difesa delle chiese del Centro storico e di tutto il sito Unesco”. Il dilagare dei locali di ristorazione è considerato una mortificazione, “che non va bene per la nostra città e il nostro prezioso patrimonio storico”. E al Comune di Napoli si contesta di “predicare bene e razzolare male”. Perché, evidenzia Pariante, “da un lato cerca di mettere regole e poi vara provvedimenti per consentire i tavolini pure sulle strisce blu”.