Movida fracassona al Centro Storico, dal tribunale altro siluro al Comune di Napoli. Dopo la sentenza su piazza Bellini, c’è un provvedimento relativo ai locali di vico della Quercia, azionato dal ricorso d’urgenza di un condominio e di alcuni residenti. La IV sezione civile del tribunale di Napoli ordina a Palazzo San Giacomo di “adottare tutte le misure necessarie a riportare le immissioni per cui è procedimento al di sotto della soglia della normale tollerabilità”. Una serie di prescrizioni è imposta anche a sette bar, condannati a pagare 500 euro ciascuno per ogni giorno di ritardo nell’eseguirle, a decorrere dal 30esimo giorno successivo alla notifica dell’ordinanza. Per gli esercizi commerciali, si parte dal “predisporre, in maniera congiunta o disgiunta, un servizio di vigilanza privata”, con il compito “di limitare al massimo i comportamenti più rumorosi degli avventori”. E poi si ordina di “posizionare supporti antirumore ai piedi dei tavoli e delle sedie al fine di ridurre il rumore da impatto provocato dallo spostamento degli stessi“. E inoltre di “non eseguire operazioni di vendita e scarico o movimentazione di bottiglie o qualsiasi altro contenitore in vetro oltre le ore 23.00”.
Il punto è proprio questo. Secondo il consulente del tribunale, gli “impianti elettroacustici in dotazione ai locali” non sono “da considerare in maniera diretta sorgente acustica impattante e disturbante nel loro normale utilizzo”. Cioè gli eccessi di rumore non sarebbero addebitabili alla musica, proveniente da baretti e affini. Viceversa, sarebbero attribuibili alle “attività antropiche connesse con l’esercizio delle attività dei locali”. In parole povere, l’intollerabile frastuono sarebbe causato da attività umane. Comportamenti legati ad esigenze produttive, come in questi casi. I ricorrenti lamentano “un gravissimo perturbamento delle vivibilità delle loro case di abitazioni”, originato dall’attività dei bar tra Vico Quercia, Via Cisterna dell’Olio e Vico II Cisterna dell’Olio, nella zona di piazza Dante. A detta dei residenti, difesi dagli avvocati Rinaldo Sommantico e Diego Miccio, “di notte centinaia di persone si assembrano sistematicamente in più punti di Vico Quercia e strade adiacenti, dalla sera fino alle prime ore del mattino successivo”. Gli avventori sostano “davanti ai tanti esercizi di somministrazione di bevande, che spesso usano impianti elettroacustici di elevata potenza per attirare la clientela”. Il vicolo viene usato “spesso per dar luogo a festeggiamenti all’aperto come vera e propria area annessa ai locali“.
Ogni ricorrenza è buona. “Festeggiamenti come Halloween, compleanni e partite di calcio che vengono proiettate nei locali – si legge negli atti – che hanno quasi tutti modestissime dimensioni”. Tali iniziative, “accompagnate dallo spargimento, rotolamento, infrangimento e spazzamento delle bottiglie di vetro consumate”, rappresenterebbe “un ulteriore motivo di molestia per i residenti”. Di tale situazione “sarebbe responsabile anche il Comune di Napoli, che nello spazio tra Via Cistema dell’Olio, Vico Quercia e Via Capitelli ha consentito l’esercizio di ben 35 locali di somministrazione di bevande al pubblico”. Stando ai ricorrenti, l’amministrazione cittadina non si sarebbe neppure premurata “di controllare e far rispettare il limite” di rumore, per “l’area di Vico Quercia Via Cisterna dell’Olio, previsto dal Piano di Zonizzazione Acustica“. Allo stesso modo, il Comune non avrebbe “mai adottato qualsivoglia provvedimento volto a tutelare le case di abitazione dei cittadini residenti dal costante inquinamento acustico“. A dispetto di varie diffide, gli enti preposti si sarebbero limitati “ad adottare provvedimenti sanzionatori inadeguati, consistenti in pochi giorni di chiusura, peraltro infrasettimanali”. Misure che non scoraggerebbero “affatto i gestori e gli avventori dall’adottare comportamenti illeciti ed inquinanti”.
L’ordinanza del 28 gennaio, firmata dal giudice Ettore Pastore Alinante, condanna le resistenti in solido al pagamento delle spese legali. Come 6 dei 7 gestori dei locali, il Comune di Napoli si è costituito in giudizio. Tutti i convenuti chiedevano in via preliminare di dichiarare il difetto di giurisdizione del tribunale ordinario, in favore del Tar. Eccezione però ritenuta infondata. In seguito alla relazione del perito nominato dal tribunale, Palazzo San Giacomo ha depositato una memoria. Tra le altre cose, si afferma: “L’unica misura astrattamente possibile ed esigibile- tra quelle indicate in perizia- sarebbe quella dell’intensificazione dei controlli ( già effettuati di norma) dalla Polizia Locale nel caso di segnalazione di schiamazzi nottumi nella zona di interesse”. Citando la Cassazione, il giudice però obietta che i bar “insistono su strada pubblica”. E nei canoni “di diligenza e prudenza di gestione della strada pubblica rientrano anche le misure opportune ad evitare che dalla strada si diffondano rumori intollerabili per le abitazioni circonvicine“. Per questa ragione, “il Comune piò essere condannato ad attuare tutte le misure idonee” ad eliminare “il rumore intollerabile nelle proprietà dei ricorrenti“. Avverso l’ordinanza, si può opporre reclamo al tribunale in composizione collegiale. “La città non è un bene di consumo” dichiara una nota del legale Gennaro Esposito, consigliere comunale e presidente del Comitato Vivibilità Cittadina. “La decisione – spiega Esposito – si inserisce in un orientamento giurisprudenziale consolidato, confermato recentemente anche dalla Corte di Cassazione, e segue la sentenza di merito relativa a Piazza Bellini, emessa pochi giorni fa”. Si tratta “di un ulteriore passo avanti nella tutela dei diritti alla salute, all’ambiente salubre ed alla quiete pubblica, per i quali il nostro Comitato si batte da tempo”. Lo stesso comitato “ribadisce che non è possibile contrapporre presunti diritti, privi di fondamento giuridico — come il cosiddetto “diritto al divertimento” — ai diritti alla salute e alla dignità abitativa, chiaramente sanciti dalla Costituzione italiana”.