Scarichi fognari nel mare di Nisida e della Gaiola, è un caso nazionale. La nuova fogna è contenuta dal Piano di Riqualificazione Ambientale e Rigenerazione Urbana del Sin Bagnoli-Coroglio. Ma da mesi vari istituti e associazioni sono insorti. Il progetto prevede la realizzazione di un secondo scolmatoio fognario, all’interno della Zona Speciale di Conservazione “Fondali marini di Gaiola e Nisida” della Rete Natura 2000. Nelle osservazioni inviate al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, nell’ambito della procedura di Valutazione di impatto ambientale, l’Aisa (Associazione italiana scienze ambientali) sottolinea anche “l’incremento degli scarichi di acque reflue sui fondali marini della stessa zona”. La presidente Floriana Di Stefano non nasconde le sue preoccupazioni. “In particolare gli studi condotti in questi anni – scrive -, hanno messo in evidenza come proprio nello specchio di mare interessato dalla ZSC, tra l’Isola di Nisida ed il Parco della Gaiola vi siano concentrati i tre più importanti ed ormai unici banchi di Coralligeno della costa cittadina e non solo che, come noto, rappresenta, assieme alla Posidonia oceanica, un habitat fondamentale per la biodiversità del Mediterraneo”. Non basta. Perché sono in corso, proprio in quest’area, “per la prima volta nella Città di Napoli, importanti progetti di restoration habitat su Posidonia oceanica”.
Agli scarichi fognari ha dato parere negativo anche l’Area Marina Protetta Parco Sommerso di Gaiola. Alla base delle scelte progettuali, l’Aisa ipotizza “l’assenza totale di uno studio preliminare approfondito delle componenti ambientali, normative e storico archeologiche dell’area”. Lo si dedurrebbe dall’assenza di risposte ad alcuni “giusti quesiti del Ministero”. Ad oggi “quindi non è comprensibile per quale motivo – evidenzia Di Stefano – sia stata scelta come area di confluenza di tali scarichi proprio il tratto di mare più importante dal punto di vista biologico, naturalistico, culturale e paesaggistico dell’intera costa napoletana e non tratti limitrofi di assoluto minor pregio”. Oltre a questo, la presidente Aisa si chiede perché non siano state vagliate soluzioni tecniche alternative. Servirebbero a “diminuire sensibilmente la portata confluita all’impianto di Coroglio, piuttosto che raddoppiarla come è stato fatto, e contemporaneamente trasformare il già sottodimensionato impianto di pretrattamento di Coroglio in un moderno impianto di depurazione”.
Stessi timori li esprime Enzo Tortello, presidente dell’Ecoistituto di Reggio Emilia e Genova, parlando di “drammatico errore”. “È utile ricordare a tal proposito che – afferma nella lettera al ministero – in caso di presenza di habitat tutelati dalla direttiva 92/43/CEE, tra cui per inciso anche un habitat prioritario, l’unico parametro che dovrebbe indirizzare le scelte progettuali dovrebbe essere la tutela della biodiversità e non altri (come invece dichiarato)”. Secondo Tortello “anche ipotizzando l’impossibilità tecnica di non prevedere alcuno scarico in mare (non dimostrata) sarebbe d’obbligo analizzare ipotesi alternative allo scarico all’interno della Zona Speciale di Conservazione”. L’appello, anche nel suo caso, è a “scongiurare” il progetto. “È istituzionalmente doveroso – sostiene il presidente dell’Ecoistituto – non perseverare con gli errori del passato e non lasciarsi sfuggire l’occasione unica di ripensare e riprogettare integralmente il sistema fognario dell’area occidentale di Napoli, secondo i dettami del ciclo integrato delle acque e seguendo i principi del Green Deal, dell’Agenda 2030 nonché del Restoration Law appena approvata dall’Europa e della nostra Costituzione”. Questo perché “il cambiamento climatico in corso impone scelte strutturali che vadano nella direzione giusta, promuovendo un uso sostenibile e prolungato dell’acqua, qualunque sia la sua utilizzazione”.