Altro che 1,2 miliardi di euro per risanare Bagnoli, risorse appena stanziate. “Per tutta l’operazione i miei calcoli ammontano a 360 milioni di euro, in cui sono compresi gli imprevisti (90 milioni)”. A parlare è il professor Benedetto De Vivo, uno dei massimi esperti italiani di geochimica ambientale.
Già ordinario della Federico II, ha incarichi presso atenei di mezzo globo. E particolare non secondario: è stato consulente della procura di Napoli, nell’inchiesta sulla mancata bonifica della BagnoliFutura SpA. In precedenza – dal 1996 al 2001 – è stato componente della commissione su Bagnoli del ministero dell’Economia.
Insomma, sull’ex area industriale può dire molto. E difatti lo dice. Coinvolgendo esperti di tutto il mondo, ha rifatto i conti. E ne ha tratto una convinzione: per Bagnoli basterebbe un terzo delle somme previste. Così, al contrario, è “uno sperpero di risorse pubbliche”. E intanto, il geochimico boccia perfino la definizione. “Già il termine bonifica a Bagnoli è improprio. Solo negli Stati Uniti, di siti industriali dismessi ce ne sono 400.000, vengono definiti brownfield sites. Fanno le bonifiche? No, fanno le messe in sicurezza del sito”.
Ma a De Vivo, anzitutto, non va giù una cosa. “Il nuovo finanziamento, in aggiunta agli 800 milioni già sperperati, porta la cifra erogata per il ‘risanamento’ di Bagnoli a 2 miliardi di euro. Somma strabiliante, senza riscontri a livello mondiale”. Esemplificando: se gli Usa ai brownfield sites applicassero tali criteri, “ci vorrebbero, 800.000 miliardi di euro, non basterebbe il budget del Governo americano”.
L’appello quindi è a rivedere il piano, e contenere di molto le spese. Due anni fa De Vivo ha consegnato il suo lavoro al commissariato di governo. “Specificai di non essere alla ricerca di consulenze…”. Con lui c’era una delegazione delle Assise di Palazzo Marigliano, l’assemblea pubblica che riunisce intellettuali, accademici, magistrati. Alle soluzioni offerte allora, il professore contrappone un’assenza di riscontri. Il commissariato di governo la pensa in altro modo, e procede per la sua strada. Ma lui non demorde. E parafrasa il Nanni Moretti rivolto a D’Alema. A Gaetano Manfredi, sindaco-commissario di governo, manda un sollecito: “Fai qualcosa di sinistra: fai di Bagnoli un enorme parco pubblico”. Un po’ come avvenne nel 1800 a New York, per Central Park, risorto dal degrado. Perché su una cosa De Vivo è chiaro: per il rischio bradisismo, a Bagnoli sarebbe “scellerato” incrementare la densità abitativa. Semmai, “si dovrebbe prevedere solo un limitato uso del suolo per uso commerciale”.
Nel frattempo, il professore ha aggiornato i calcoli. Negli ultimi mesi, è infatti avanzata l’idea di non toccare la colmata, ma di metterla in sicurezza. Si punta a ‘sigillare’ la striscia di 195.000 mq di materiale di risulta, proveniente dall’ex insediamento siderurgico. Una legge degli anni ’90 ne imporrebbe comunque l’eliminazione. Ma con ogni probabilità, interverrà una modifica normativa. Al commissariato credono sia più economico. Inoltre, temono il caos logistico, per il viavai di camion del movimento terra. Preso atto di ciò, De Vivo ha calibrato le stime su entrambe le opzioni: con o senza colmata. A patto però, sempre, di abbattere i costi. “Quando il sindaco parla di 600 milioni per rimuovere la colmata, gli dico di informarsi. Basta leggere la letteratura scientifica in materia”. Secondo De Vivo, per l’eliminazione il prezzo giusto sarebbe di 102 milioni. Ancora meno se la colmata restasse, e fosse trattata con il desorbimento termico in-situ: 60 milioni di euro. Con questa tecnologia, si riscaldano i suoli inquinati, vaporizzando i contaminanti organici volatili e semi-volatili. “Si fa così in tutto il mondo – afferma il professore -. Ne abbiamo parlato con la società leader in Europa di queste operazioni, le hanno fatte in Italia alla raffineria di Gela”. Per le acque di falda, si suggerisce invece l’utilizzo di barriere reattive permeabili. Una tecnica sperimentata da decenni in aree minerarie carbonifere e intorno alle centrali nucleari.
“Riguardo ai metalli – assicura De Vivo – non si deve fare assolutamente nulla. A Bagnoli c’è una componente naturale, che viene dalle sorgenti termali. Fluidi vulcanici portano arsenico, cadmio e berillio, e tutta una serie di elementi tipici del vulcanismo dei Campi Flegrei”. Questi elementi “ce li porta la natura, e la legge ambientale dice che se c’è una componente naturale i valori di intervento si devono adeguare in conseguenza delle concentrazioni naturali”. In pratica si domanda: “Cosa dobbiamo bonificare, la natura?”. Nel sito c’è tuttavia un’altra componente di natura antropica, derivante dalle scorie di altoforno. “Dobbiamo sapere che se c’è un suolo inquinato per presenza di metalli, un metodo per bonificarlo consiste nel prenderlo e metterlo in un altoforno. Perché si deve ossidare gli elementi. Una volta ossidati, si rendono immobili. Vale a dire non si trasferiscono dal suolo all’acqua, e dall’acqua eventualmente ai prodotti agricoli”. Insomma, per De Vivo “sono assolutamente innocui”. A Bagnoli, viceversa, il problema “sono gli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) e Pcb (Policlorobifenili)”. Si tratta di organici altamente cancerogeni. “Ma anche questi si eliminano con il desorbimento termico”. Seguendo questa via, il geochimico giura: lo Stato risparmierebbe 800 milioni.
I calcoli del prof De Vivo per la messa in sicurezza/bonifica di Bagnoli
- Scavo Colmata a Mare
Scavo € 25.970.000
Trasporto e messa in posto di materiale non contaminato € 6.679.000
Trasporto e messa in posto di materiale contaminato € 102.415.000
Sub-Totale € 135.069.000
- Colmata a mare-Sabbia-Trasporto e Messa in posto € 12.468.000
- Costruzione scogliera-Lunghezza circa 900 m € 111.780.000
- Barriera bio-reattiva (iniezione di carbonio attivo polverizzato) € 474.000
- Aquagate/Sedimite (Sedimenti marini) € 5.589.000
- Capping del sito € 53.433.000
- TOTALE € 318.813.000
- Costi Totali Imprevisti: 30% € 95.644.000
- TOTALE € 414.457.000
Rispetto ai costi di massima sopra schematicamente riportati, calcolati da Benedetto De Vivo con il collega americano E. Roberts (Consulente di U. S. EPA) con prezzari americani, sulla base di una previsione, iniziale, di rimozione di materiale contaminato e non contaminato di Colmata, si specifica che nell’ipotesi non si rimuovessero (come sembra) i terreni della Colmata contaminati da IPA, PCB e Idrocarburi Totali (circa il 40% del totale), effettuando il disinquinamento attraverso il desorbimento termico in-situ, il costo di € 102.415.000 diventerebbe di € 60.000.000 . Il costo totale ammonterebbe quindi a € 276.398.000 + 82.920.000 (30% Imprevisti) = € 359.318.000.