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Venne attirata in un tranello e rapinata grazie alla complicità di due ragazze a cui aveva dato un passaggio con la sua auto da Roma a Napoli: la Squadra Mobile partenopea (sesta sezione) ha arrestato due donne e un uomo accusati di avere preso parte a una rapina commessa lo scorso novembre a Napoli, in via Spaventa, ai danni di una ragazza conosciuta dagli indagati durante un viaggio da Roma a Napoli.
A una delle donne gli inquirenti (il pm Vincenza Marra e il procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli, coordinatore della VII sezione) contestano anche il reato di detenzione ai fini di spaccio di marijuana.
Durante il viaggio da Roma a Napoli le due indagate scoprirono che la loro compagna era in possesso di una cospicua somma di denaro. Le chiesero di accompagnarle in una località dove, poi, entrarono in azione due complici (uno dei quali parente stretto di una delle due donne) in sella a uno scooter e armati di un coltello e una pistola rivelatasi poi un giocattolo.
I due banditi presero di mira direttamente lei, malgrado ci fossero anche le altre due ragazze. Dopo avere messo a segno il colpo i due fuggirono a tutta velocità perdendo però la pistola e soprattutto un cellulare recuperato dalla vittima. Proprio in quel frangente, sul telefonino, giunse la telefonata di un parente stretto del rapinatori e proprio grazie a questo la vittima riuscì a risalire all’identità di uno dei due aggressori, poi comunicata agli investigatori.

Sono A.C., 23 anni, suo fratello P.C. di 19 anni, e A.A., 31 anni, i tre giovani per i quali il gip di Napoli Nicola Morrone ha disposto gli arresti domiciliari con l’accusa di avere rapinato diverse migliaia di euro a una ragazza poco più che ventenne che aveva dato un passaggio da Roma a Napoli alle due giovani indagate, conosciute nella Capitale.
La somma di denaro era custodita in una borsa nella quale c’erano anche due libretti postali, il passaporto e una carta di debito.
La rapina risale al pomeriggio del 20 novembre 2023. Fu proprio la telefonata della madre di fratelli, ignara di quanto era appena accaduto e di cosa aveva fatto i figli, a consentirne l’identificazione. Una informazione poi corroborata dalle immagini dei sistemi di videosorveglianza presi in esame dalla Polizia di Stato.
Il giudice ha ritenuto sussistente la possibilità che i tre potessero reiterare lo stesso reato e per questo motivo ha disposto gli arresti domiciliari.