E’ attesa per domani, nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la sentenza di primo grado per l’omicidio di Giulia Tramontano, uccisa a coltellate quando era incinta di sette mesi dal compagno Alessandro Impagnatiello.
Per lui la pm di Milano Alessia Menegazzo con l’aggiunta Letizia Mannella ha chiesto l’ergastolo con anche 18 mesi di isolamento diurno, al termine di una requisitoria durata circa due ore e presentata come un vero e proprio “viaggio nell’orrore” programmato per mesi.
Giulia è stata uccisa, nell’appartamento che i due condividevano a Senago, nel Milanese con 37 coltellate, nel giorno in cui lei si era vista con l’altra ragazza che il barman 31enne frequentava. Impagnatiello, che aveva già tentato di ucciderla con del veleno per topi, l’ha aggredita, e una volta senza vita, ha tentato di bruciare il corpo e poi lo ha nascosto. È stato ritrovato in un’intercapedine vicino ad un box quattro giorni dopo, mentre lui, che aveva fatto denuncia di scomparsa, sosteneva che si fosse allontanata di sua volontà.
Lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca, incaricati dalla Corte d’Assise di Milano di eseguire la perizia psichiatrica su Impagnatiello hanno riscontrato tratti narcisistici e nessun “senso di colpa” ma stabilito che era capace di intendere e volere. Le due avvocate che difendono l’uomo, Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, nella loro arringa hanno cercato di confutare che ci sia stata premeditazione.
Per lui “non ci sarà mai perdono” ha detto la sorella di Giulia, Chiara, che ha seguito il processo in aula insieme al papà Franco, alla mamma Loredana Femiano e al fratello Mario.