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Allan, centrocampista dell’Everton ed ex Napoli, ha rilasciato un’intervista ai microfoni del Corriere dello Sport. Il brasiliano è tornato a parlare dell’ammutinamento, del mancato passaggio al Psg e del rapporto con Ancelotti.

Ritorno in Italia “A me non è arrivato alcun segnale. Io penso che il mio destino professionale rimarrà immutato. Resterò all’Everton, per quello che ne so: io in Inghilterra ci sto bene, ho la stima di un club del quale sono orgoglioso, con strutture impressionanti e al quale devo rispetto”.

Campionato 91 punti – “Un dolore che ricompare ogni volta che ci penso. Giocavamo un calcio raffinato, come nessun’altra squadra sapeva fare. In genere, nel calcio, viene ricordato chi vince; invece, fateci caso, se si cerca un riferimento tecnico del recente passato, spesso si cita quel Napoli. Una sintonia unica, la squadra più bella”.

Trasferta a Firenze – “Accadde alla vigilia, davanti alla tv, nel momento in cui ci rendemmo conto che era finita, perché la Juventus, che vinse in casa dell’Inter, a quel punto aveva un calendario agevolissimo. Capimmo, in quella serata, quanto sia difficile vincere il campionato in Italia. E fu sotto gli occhi di tutti. Noi ci trovammo senza energia, eravamo distrutti, quel risultato divenne per noi frustrazione“.

Offerta Psg – “Diciamo che a gennaio 2019 era fatta per il mio passaggio al PSG. Si può dire che fu una delusione. E va spiegata. Io a Napoli ero e sono felice, anche adesso che ci torno. Ma quella diventata una opportunità grossa e una e una esperienza – anche di vita – nuova. Pareva un’operazione utile a chiunque ma venne fuori una richiesta ritenuta esagerata”.

Ammutinamento – “Vicenda triste, sulla quale sono state riportate inesattezze. Ma io non vorrei adesso starne qui a parlare. E comunque la verità non si è mai saputa. Sgombero il campo da una falsità: che i calciatori fossero contro Ancelotti. Mi venne incollato il ruolo di promotore dell’ammutinamento e ho dovuto condividerlo con un paio di miei compagni, con Insigne ad esempio. Mentre, invece, quella fu una scelta di gruppo e il Napoli sapeva che ritenevamo giusto andare in ritiro. Io che ero infortunato e che potevo non essere lì, che non giocai quella volta, scoprii di essere ritenuto un ideologo della sommossa. C’è chi aggiunse che ce l’avevo con Carlo, la persona più speciale che abbia incontrato e che mesi dopo mi avrebbe voluto con lui all’Everton. Ci furono malintesi che si sarebbero potuti chiarire, ma venne imposto il silenzio stampa e quindi fu impossibile parlarne. Noi eravamo tutti con Carlo. Punto”.

Gattuso – “Ho avuto ottimi rapporti anche con lui, che da calciatore è stato un modello. Fu diretto, mi riteneva importante e la società mi propose il rinnovo. Però volevo andar via, volevo sorridere, la mia immagine era uscita macchiata mentre io sono una persona seria”.

De Laurentiis – “Quando andai all’Everton scrissi un messaggio a De Laurentiis, per ringraziarlo dell’opportunità che mi aveva dato e per cinque anni, di vivere a Napoli, di far parte di un pezzo della storia del club. Non portavo rancore per ciò che era successo, si stava chiudendo un ciclo e una relazione. Peccato non abbia mai ricevuto risposta”.

Napoli – “Ogni volta che posso guardo il Napoli. Io ne sono tifoso. A un certo punto, ho pensato potesse farcela. Ma il terzo posto è un gran risultato. Ottenuto senza mai correre il rischio di ritrovarsi fuori dalla Champions e restando anzi incollato allo scudetto sino a poche giornate dalla fine. L’amore di Napoli è il mio trofeo e io lo colgo per strada o nei rapporti che ho conservato. Quel quinquennio è stato strepitoso, squadra indimenticabile: penso a Reina, a Albiol che alla sua età è ancora arrivato in semifinale di Champions; penso a Lorenzo al quale auguro tutto il bene del mondo in Canada; penso a tutti e sogno che l’anno prossimo il Napoli vinca lo scudetto”.