Un’aria pesante dovuta alla recente morte del 46enne Nicola Badascino, ai suicidi, alle proteste e alle condizioni di vita e di lavoro. E poi tanta sofferenza, stanchezza, frustrazione e preoccupazione. È quanto emerso dalla visita al carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) della delegazione composta dalla presidente dell’associazione Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, dal Garante Regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, dal vicepresidente del Movimento Forense Alessandro Gargiulo, dagli avvocati del Consiglio dell’Ordine del Foro di Napoli Nord (presidente Gianluca Lauro, segretaria Rosa Cecere, consiglieri Raffaele Costanzo e Maurizio Noviello), delle Camere Penali di Napoli Nord e Santa Maria Capua Vetere e con l’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane.
Un’atmosfera di tensione latente che accomuna detenuti e poliziotti penitenziari. “Poggioreale per numeri è tra le carceri peggiori d’Italia, ma il malessere avvertito a Santa Maria Capua Vetere – conferma Gargiulo – è qualcosa di davvero inquietante, che non si respira nel carcere napoletano”.
Ad accompagnare la delegazione la direttrice del carcere Donatella Rotunno, la Comandante della Polizia Penitenziaria Linda De Maio e la funzionaria del settore educativo Giovanna Tesoro. “Tre donne sole al comando”, dicono i delegati in una nota diffusa dopo la visita; donne “eccezionali” nel loro essere al timone nonostante gli enormi e cronici problemi che vive il carcere casertano, afflitto da sovraffollamento di detenuti e mancanza di agenti ed educatori, fino ad un anno fa senza neanche l’allacciamento alla rete idrica pubblica, dove avvengono oltre la metà dei suicidi registrati nelle carceri campane (tre nel 2023 su cinque casi). E dove quattro anni fa – era il sei aprile 2020 – si consumò un maxipestaggio di agenti ai danni di reclusi di un intero reparto (il Nilo), che ha dato vita ad un processo molto complesso soprattutto per i poliziotti, attualmente in corso all’aula bunker annessa al carcere, dove figurano 105 imputati tra agenti della Penitenziaria, funzionari del Dap e medici dell’Asl di Caserta; il tre gennaio scorso inoltre vi fu una violenta protesta dei detenuti del reparto Volturno per un permesso non concesso ad uno di loro, con l’occupazione di un intero reparto e danni ad arredi, suppellettili e strumenti anche nell’infermeria.
“Dai pestaggi del 2020 poco o nulla è cambiato” denuncia la delegazione nella nota: “Si respira un’aria avvelenata e sia la Comandante della Polizia Penitenziaria che la Direttrice erano stanche, preoccupate, tese, non nei nostri confronti, anzi, ma per tutto quello che quotidianamente devono gestire, subire, soffrire. Pochissimi gli agenti (circa il 35% in meno di quanto previsto dalla pianta organica), pochissimi gli educatori (circa il 50% in meno di quanto previsto dalla pianta organica), tantissimi detenuti (circa il 40% in più dei posti effettivamente disponibili) …. Come diceva la famosa canzone, non ci vuole la zingara per indovinare lo stato dell’arte del Carcere di Santa Maria Capua Vetere e soprattutto lo stato d’animo, il disagio grande, della comunità penitenziaria”. I delegati hanno fatto visita al reparto Tamigi, dove c’era la cella in cui era recluso il 46enne Nicola Badascino, che aveva pochi mesi ancora da scontare ed è morto qualche giorno fa in carcere per un infarto. “Era dializzato (tre volte a settimana), aveva la febbre alta (40°) – prosegue la nota – ed è morto in carcere senza aiuto e senza tempestivi soccorsi del 118, forse chiamato tardivamente. Siamo stati nelle celle e in particolare in quella di Nicola Baldascino, abbiamo parlato con il suo compagno di cella e con tutti i suoi compagni di reparto, trovando tanta sofferenza, dolore, dispiacere, impotenza; questo è quello che ci è stato comunicato, non solo dai detenuti, ma anche dai poliziotti penitenziari”.
Sono 927 i detenuti attualmente presenti al carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) su un capienza prevista di 717; 335 invece gli agenti penitenziari in servizio, su un pianta organica che ne prevedrebbe 470. Va peggio per gli educatori: in organico dovrebbero essercene 13, ma a supportare i detenuti nel loro percorso di riabilitazione sono sei più la funzionaria responsabile. A fornire le cifre aggiornate del “disastro” che si vive quotidianamente nel carcere casertano, è la presidente dell’associazione Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, che ieri, con il garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello e un gruppo di avvocati, ha visitato la struttura dove quattro anni fa, era il sei aprile 2020, si consumò uno degli episodi più violenti avvenuti dietro le sbarre, il maxipestaggio di decine di detenuti del reparto Nilo ad opera degli agenti penitenziari.
Una “ferita mai sanata“, perché l’occasione di rilanciare l’istituto dopo quella brutta pagina – vennero in visita in quella circostanza al carcere anche il premier Mario Draghi e l’allora Guardasigilli Marta Cartabia – è andata persa.
“E oggi – dice Rita Bernardini – questo carcere soffre in tutti i suoi settori, e le tre donne che ne sono ai vertici, ovvero il Direttore, il capo della Penitenziaria e la capoarea degli educatori (rispettivamente Donatella Rotunno, Linda De Maio e Giovanna Tesoro, ndr), non ce la fanno, nonostante tanto tangibile impegno, così come gli agenti sono in difficoltà e costretti a fare straordinari per mancanza di ricambi. Al carcere di Santa Maria Capua Vetere è ormai impossibile garantire l’esecuzione dignitosa della pena, come prescrive l’articolo 27 della Costituzione. La sanità interna è quasi assente, come dimostra la morte del 46enne Baldascino, gli educatori sono pochissimi, manca un psicologo, e sono ben 18 i detenuti nel reparto di salute mentale; in due attendono da tempo di essere spostati in strutture fuori al carcere, gli altri sono lì, abbandonati a sé stessi. Quando abbiamo fatto loro visita, un detenuto giovane si è attaccato alla porta perché non voleva ce ne andassimo”.
La Bernardini annuncia che dal 23 gennaio inizierà “con Roberto Giachetti uno sciopero della fame rivolto al premier Meloni e al ministro della Giustizia Nordio per alzare l’attenzione sul sovraffollamento delle carceri”. Alla visita di ieri, il garante Ciambriello ha portato alcuni delegati al Reparto Volturno, dove il 3 gennaio ci sono stati disordini. “Il detenuto che ha dato inizio alla protesta per il permesso non concesso – denuncia Ciambriello – è ancora a Santa Maria, mentre gli altri che erano con lui sono stati trasferiti. E’ irragionevole”.