“Chiediamo al ministro della giustizia Nordio di rivedere le singole posizioni degli agenti sospesi per i noti fatti del carcere di Santa Maria Capua, perché non è più tollerabile che più di un centinaio di agenti siano sospesi da più di 18 mesi dal servizio. Ormai a pagare lo scotto per quanto accaduto il 6 aprile 2020 non sono solo gli agenti imputati, che ricordiamo non sono ancora condannati ed innocenti fino a sentenza definitiva, ma anche le loro famiglie che versano in difficoltà economiche, visto che lo stipendio dei poliziotti sospesi si riduce progressivamente col passare dei mesi”. Così in una nota i sindacalisti della polizia penitenziaria Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, rispettivamente presidente nazionale e regionale campano dell’Uspp (Unione sindacale Polizia Penitenziaria) intervengono sulla situazione di decine di poliziotti penitenziari sotto processo al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sospesi dal giugno 2021.
I sindacalisti temono anche “le lungaggini dei processi”, e ribadiscono “che bisogna dotare la polizia penitenziaria di un preciso e chiaro protocollo di ingaggio in caso di eventi critici come quello che hanno visto protagonista l’istituto di pena casertano, nonché strumenti come le bodycam e dissuasori elettrici per difendere legalità e sicurezza nelle carceri“. Già nei giorni scorsi, il provveditore delle carceri campane Lucia Castellano aveva auspicato che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) distinguesse le singole posizioni degli agenti imputati al fine di disporre l’eventuale reintegro in servizio almeno di quelli che avevano avuto un ruolo minore durante le violenze del 6 aprile 2020.