Gestivano la prostituzione di transgender dal Brasile a Castel Volturno, sul litorale casertano, con modi brutali e ricorrendo anche alla magia nera per tenere soggiogate le vittime. E’ l’accusa a carico di undici persone detenute di nazionalità brasiliana in carcere in diverse parti d’Italia nell’ambito di un’operazione della Polizia di Stato coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che ha diretto le indagini. Gravi i reati contestati agli indagati, dall’associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, alla tratta di esseri umani e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di connazionali. I provvedimenti di carcerazione sono stati emessi dal gip del tribunale di Napoli. Una vicenda che ricorda quella della tratta delle nigeriane, adescate in patria e portate in Italia, in particolare a Castel Volturno, dove, sotto il controllo di organizzazioni criminali nigeriane, diventano schiave e sono costrette a prostituirsi, tenute sotto scacco anche con riti voodoo. Per le vittime brasiliane accadeva più o meno la stessa cosa, hanno accertato gli investigatori della Polizia di Stato di Caserta, che nel giardino di casa di una delle vittime hanno rinvenuto la testa di una statuetta raffigurante una divinità circondata da frutti che rappresenterebbe un rito di magia nera brasiliana, noto come cerimoniale ‘Egun’, finalizzato a provocare la morte del destinatario del rito e posto in essere dai membri dell’organizzazione a scopo punitivo.
Il gruppo criminale – è emerso – aveva la propria base a San Paolo del Brasie, dove un referente era incaricato di adescare e reclutare persone transgender, che venivano ospitate in alcuni immobili e indotte a prostituirsi nella metropoli brasiliana. Trascorso poi il tempo necessario per procurarsi la documentazione utile all’espatrio e il biglietto aereo, i cui costi erano in questa fase sostenuti dall’organizzazione criminale, le vittime della tratta venivano inviate in Italia, solo però dopo aver ottenuto il placet del capo dell’organizzazione. Atterrate a Milano Linate, venivano prelevate da altri membri dell’organizzazione che fornivano loro una dichiarazione fittizia di ospitalità permettendone così l’ingresso e la permanenza legale per motivi di turismo sul territorio nazionale. Poi il trasferimento a Napoli e di qui in auto fino a Castel Volturno, con la segregazione in un appartamento, con divieto di comunicare con persone diverse dagli sfruttatori. Alle vittime veniva ritirato il telefono cellulare e imposto un severo regime di condotta, e poi erano costrette a prostituirsi in strada secondo rigidi turni orari sotto il controllo di alcuni membri del gruppo. I proventi dell’attività di prostituzione venivano versati al capo dell’organizzazione quale saldo del debito contratto per entrare in Italia, che era sempre superiore alla cifra di 10.000 euro, tenuto conto che l’ammontare pattuito era poi soggetto a continui aumenti sulla base di motivi pretestuosi.