Il Comune di Santa Maria Capua Vetere aveva detto no: senza permesso di soggiorno uno straniero, anche se convivente con un cittadino italiano, non può essere iscritto nello stato di famiglia del partner. Una decisione però sconfessata dal tribunale sammaritano, accogliendo il ricorso d’urgenza di una coppia italo-colombiana. Il giudice Rossella Di Palo della prima sezione civile, infatti, ha ordinato al sindaco di provvedere alla iscrizione nell’anagrafe dei residenti di una 35enne sudamericana, e al suo inserimento nel nucleo familiare del compagno, un 36enne di Santa Maria Capua Vetere. Compensate le spese legali, considerando la novità della controversia. Nel ricorrere al tribunale, i due rappresentavano di avere instaurato una relazione sentimentale sin dal 2018. Un rapporto mai interrotto, sebbene complicato dalla burocrazia. Difficoltà spiegate nel ricorso delle legali Laura Fasulo ed Eleonora Caterina Tamburini. Nel corso degli anni, la relazione è proseguita a distanza, con ricongiungimenti frequenti tra i due. Talvolta in Colombia, talvolta in Europa. A suffragare la circostanza, le avvocate hanno allegato al ricorso i biglietti aerei transoceanici.
Con il trascorrere del tempo, la coppia si è determinata a trovare una sistemazione abitativa comune. L’occasione si è presentata nel giugno scorso, quando la donna ha beneficiato di un visto turistico di 90 giorni. È stato allora che i due hanno deciso di formalizzare la propria convivenza di fatto. Hanno stabilito la residenza comune in un’abitazione, nella disponibilità dell’uomo. E hanno anche stipulato un contratto di convivenza. Cioè un accordo scritto, previsto dalla legge, con cui i conviventi possono regolare i rapporti patrimoniali e di assistenza reciproca. Pochi giorni dopo, però, la doccia fredda. L’anagrafe comunale comunicava l’impossibilita di registrare il contratto di convivenza. Motivo? L’assenza di un permesso di soggiorno per la 35enne. Stesse ragioni ritenute di impedimento ad iscriverla nell’anagrafe del Comune, e nello stato di famiglia del partner. Da qui la scelta del ricorso al giudice, basato sulla presunta compromissione del diritto all’unità familiare. Un diritto fondamentale, perché tutelato dalla Costituzione e dalla Cedu.
Un cane che si morde la coda: così il caso si presentava, nella prospettazione dei ricorrenti. Perché in mancanza dell’iscrizione anagrafica della convivenza e della registrazione del patto, non è possibile ottenere il permesso di soggiorno per coesione familiare. Essendo condizione necessaria la preventiva iscrizione anagrafica della convivenza. Tesi condivisa dal tribunale, aderendo ad un orientamento in via di consolidamento nella giurisprudenza. Nell’ordinanza, il giudice ricorda l’estensione del diritto a soggiornare liberamente nel territorio Ue ai familiari di cittadini comunitari. E anche come la definizione di familiare includa il partner di un contratto di convivenza. A chiudere il ragionamento del magistrato, la norma nazionale che disapplica, nei confronti di cittadini italiani, leggi o prassi producenti effetti discriminatori, rispetto al trattamento garantito nell’ordinamento ai cittadini dell’Unione europea. A giustificare l’urgenza, viene riscontrato anche il periculum in mora: ossia il pericolo che il ritardo nel provvedere possa pregiudicare irrimediabilmente la posizione di una parte. Secondo il giudice, appunto, il mancato riconoscimento del nucleo familiare non consentirebbe ai ricorrenti di fruire di diritti sociali e assistenziali, connessi al riconoscimento del patto di convivenza.