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Al Villaggio Coppola di Castel Volturno è stato riscontrato un abusivismo diffuso e anche rifiuti interrati: è quanto, in sostanza, sostiene la Procura di Santa Maria Capua Vetere che, sotto il coordinamento del procuratore Pierpaolo Bruni, lo scorso 10 aprile ha sequestrato un palazzone di otto piani e 104 appartamenti del valore di 25 milioni di euro, denominato “Palazzo Marina”, un sorta di ecomostro abusivo una volta era un albergo, chiamato Hotel Residence Fontana Bleu, realizzato dai Coppola sul lungomare occupando porzioni di demanio marino e forestale. Secondo quanto emerge dagli atti d’indagine non c’è alcuna traccia negli archivi comunali delle licenze edilizie di un’intera e popolosa frazione del comune di Castel Volturno, il Villaggio Coppola, appunto, il cui nome ha origine da quello della famiglia di imprenditori edili che la edificarono negli anni ’70.  E all’abusivismo edilizio si aggiunge anche l’ombra dell’inquinamento ambientale legato a un presunto interramento di rifiuti realizzato negli anni ’90 al di sotto dell’opera che rappresenta uno dei fiori all’occhiello di Villaggio Coppola, i campi da golf annessi all’Hotel Resort Marina di Castello, strutture edificate sempre dalla famiglia di costruttori (sono adiacenti al Centro Sportivo dove si allena il Napoli Calcio). Per questa vicenda sono indagati l’ex comandante della Capitaneria di Porto di Castel Volturno Francesco Pappalardo, 65 anni, e il 70enne Domenico Romano, che era una collaboratore dell’imprenditore Cristoforo Coppola, coinvolto ma ormai deceduto.

Sono due le indagini connesse che fotografano una situazione di illegalità di oltre mezzo secolo, risalente agli anni 60-70, che si è protratta fino ai nostri giorni, in cui è totalmente mancato il controllo di legalità delle istituzioni.    L’inchiesta sull’interramento è ancora all’inizio; per gli inquirenti Romano, nell’interesse dei Coppola, tra il 1990 e il 1994, avrebbe usato rifiuti in plastica per riempire le buche fatte per realizzare il campo da golf, ottenendo da Pappalardo, in cambio di 1,5 milioni delle vecchie lire, una relazione ritenuta falsa in cui si attestava l’assenza di rifiuti e si allegava la documentazione con foto di alcuni scavi fatti per sostenere tale tesi.    Ma per la Procura quegli scavi sarebbero stati fatti apposta sulla base dell’accordo tra i due indagati, cui è contestato l’inquinamento ambientale, mentre i reati di corruzione e falso sono ormai prescritti. Ancora più grave però è quanto emerso nell’indagine su Palazzo Marina, tra decine e decine di licenze edilizie che non si trovano negli archivi del Comune, la memoria storica “sparita” di una rivolta popolare.    Gli inquirenti della Procura e della Guardia di Finanza di Mondragone, nel tentativo di ricostruire la storia di Palazzo Marina, sono andati a ritroso negli anni, rileggendo verbali di sequestro e sentenze che già quasi 50 anni fa accertavano la speculazione edilizia in atto da parte dei Coppola con la complicità degli amministratori locali dell’epoca (sentenza della Corte di Appello di Napoli del 1979). Una situazione confermata e messa nero su bianco in carte giudiziarie proprio dalla storia della licenza edilizia di Palazzo Marina. Gli inquirenti hanno accertato grazie anche ad un’apposita consulenza tecnica che la licenza, la numero 149 del 1964, fu presentata tra il 2021 e il 2022 dagli architetti (indagati) che hanno curato la pratica per riqualificare l’immobile con il 110%, insieme all’amministratore del condominio; ma quella licenza per la Procura non è genuina, in quanto l’atto non è stato reperito negli archivi comunali. E non solo: scavando nel passato, gli inquirenti si sono trovati di fronte ad altri atti molto dubbi, come quello acquisito al Comune di Castel Volturno e risalente al 2010, firmato da due funzionari dell’Ufficio tecnico comunale cui all’epoca era pervenuta richiesta di copia della licenza relativa a palazzo Marina. I due funzionari attestavano che la licenza edilizia non era stata trovata perché sequestrata nel settembre 1970 dalla Polizia di Stato unitamente ai registri su cui erano annotate tutte le licenze relative alle costruzioni del Villaggio Coppola. Gli inquirenti hanno così esaminato i verbali di sequestro del 1970, da cui non è emersa nè l’esistenza della licenza 149 relativa a Palazzo Marina – è stata ritrovata solo la richiesta di licenza – nè di registri relativi alle costruzioni dei Coppola. La Procura ha quindi sequestrato al Comune di Castel Volturno il registro delle licenze edilizie dal 1959 al 1968, e anche qui non è emersa traccia né della licenza 149 né di tutte le altre costruzioni realizzate dalla famiglia di costruttori in quel lasso di tempo. Altro elemento controverso emerso riguarda una rivolta popolare avvenuta nel 1970 a Castel Volturno durante la quale sarebbero state incendiate tutte le pratiche edilizie dei Coppola, vicenda di cui gli inquirenti hanno appreso tramite un’intervista rilasciata dall’ex sindaco Luigi Petrella nell’aprile 2023 al Magazine Informare; gli inquirenti hanno sentito Petrella, che ha però spiegato che al Comune non esiste documentazione sull’incendio, di non sapere dell’esistenza di un registro per le pratiche edilizie relative ai soli Coppola, e che al 15 maggio 2023 presso il Comune non erano stati trovati nè un registro delle licenze dei Coppola e nè le licenze stesse, per cui in mancanza delle licenze edilizie, “gli immobili ubicati nel Villaggio Coppola dovevano ritenersi abusivi”. C’è poi la vicenda dell’atto di “transazione e permuta” che la famiglia di imprenditori fece con lo Stato il 6 luglio 2005, in particolare con l’Agenzia del Demanio, per chiudere la controversia che era sorta sulla proprietà di alcuni terreni di Castel Volturno su cui erano stati edificati degli immobili. I Coppola cedettero allo Stato strutture importanti, come la caserma dei Carabinieri, alcune scuole materne e il cosiddetto palazzo di cristallo adibito a scuola, attestando che tutto era regolare dal punto di vista edilizio, condizione indispensabile prima di tutto per potersi sedere al tavolo e quindi per procedere alla transazione; le licenze delle strutture cedute non sono state però mai trovate dalla Procura, che osserva come nessun accertamento sia stato mai svolto da parte pubblica circa la legittimità edilizio-urbanistica degli immobili.