Caserta – Cinquantasei detenuti avviati a corsi di formazione lavorativi, 36 in possesso della relativa certificazione e 17 autorizzati dalla magistratura di sorveglianza al lavoro esterno. Sono i numeri del progetto ‘Mi riscatto per il futuro’, resi noti nel corso di un evento tenutosi al Centro Orafo Tarì di Marcianise (Caserta); un progetto avviato nel dicembre 2019 nell’area industriale di Caserta sulla base del protocollo siglato dal Consorzio Asi (Area Sviluppo Industriale) dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), dal Tribunale di sorveglianza di Napoli e dal Provveditorato campano alle carceri, e considerato una “Best Practice” da parte dell’ONU, che ha inviato nel Casertano la delegata Martha Orozco, che ieri ha potuto vedere con i suoi occhi i detenuti impegnati in lavori di pubblica utilità, intervistandoli.
Uno dei detenuti ha ringraziato per la “fiducia ricevuta”; “la libertà – ha detto – è la cosa più importante”. La Orozco, messicana che gestisce un progetto analogo a Città del Messico intitolato “De vuelta a la comunidad”, si dice “felice di questo progetto perché la gente può vedere cose che non sapeva che esistessero. È difficile capire cosa succede in carcere se non si hanno parenti o amici in cella. Tali programmi garantiscono inoltre la sicurezza di tutti”.
Anche il ministro degli Esteri Di Maio ha inviato una lettera in cui esprime le sue congratulazioni per il progetto dicendosi “lieto che tale esperienza sia stata identificato come buona prassi dalle Nazioni Unite”.
“Il progetto è fondamentale perché dà concretezza al principio di rieducazione della pena come sancito dall’articolo 27 della Costituzione, perché le carceri non devono essere un luogo di mortificazione in cui la parola futuro deve far paura” ha detto il Sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, che si è collegato da remoto. Sisto ha portato i saluti della Ministra Cartabia, grazie alla quale, aggiunge, “la Carta Costituzionale è tornata centrale”. Gli istituti da cui provengono i detenuti coinvolti nel progetto sono quelli casertani di Santa Maria Capua Vetere, Carinola e Aversa. I detenuti sono stati formati con corsi per addetti al primo soccorso, alla prevenzione di incendi e di gestione delle emergenze, corsi per l’utilizzo in sicurezza di attrezzature da lavoro e relativi alle attività di pianificazione, controllo e apposizione della segnaletica stradale”.
I 17 autorizzati al lavoro esterno di pubblica utilità sono dunque impegnati in attività di manutenzione del verde, delle sedi stradali, nel monitoraggio dello stato dei luoghi, e ciò sta avvenendo nelle aree Asi di Caserta-Ponteselice, Marcianise-San Marco, Pignataro Maggiore (Volturno Nord) e Aversa Nord.
“Questo progetto – spiega la presidente dell’Asi di Caserta Raffaela Pignetti – è nato sulla base di un’esperienza analoga fatta a Palermo, e grazie alla sua realizzazione, possiamo risolvere definitivamente il problema della riqualificazione dell’area industriale di Caserta, una delle più grandi e importanti d’Italia ma anche quella con meno risorse; e poi possiamo dare un futuro ai detenuti, insegnando loro lavori qualificati in un territorio dove le aziende lamentano la mancanza di manodopera qualificata. Ricordo che la mattina i detenuti escono da soli dal carcere per raggiungere i luoghi di attività, e poi tornano in cella con mezzi dell’Asi”.
Per il garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, “questi progetti sono fondamentali ma è arrivato il momento anche di prevedere forme di compenso per i detenuti e di applicare la legge Smuraglia, che prevede sgravi fiscali per aziende che assumono un detenuto. In tutta la Campania sono 71 i detenuti coinvolti in attività di pubblica utilità”. Lucia Castellano, dal due marzo provveditore campano delle carceri, afferma che “il lavoro di pubblica utilità va apprezzato e rafforzato” e, come Ciambriello, invoca “l’applicazione della legge Smuraglia“. Marco Puglia, magistrato di sorveglianza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, colui che autorizza i detenuti a svolgere lavori esterni, dice che “sono i detenuti stessi a chiedere fiducia per poter rientrare nella società. La pena deve essere un’opportunità”.
Il funzionario del Dap Vincenzo Lo Cascio, evidenzia che il “programma con Asi è difficile perché ci troviamo in un territorio difficile, ma è fondamentale perché abitua un detenuto ad avere delle regole; recuperare un detenuto inoltre vuol dire costruire un muro tra carcere e criminalità”. Per Assunta Borzacchiello, dirigente del Provveditorato regionale alle carceri, “il progetto è un esempio dell’importanza di creare rete tra istituzioni e territorio”.