I lavoratori dello stabilimento di Marcianise (Caserta) della multinazionale Jabil sono scesi in strada con un corteo nella zona dello svincolo autostradale dell‘A1 di Caserta Sud; disagi per gli automobilisti, con gli addetti che hanno bloccato la strada statale sannitica. Il corteo si è sciolto dopo un paio d’ore.
I lavoratori hanno chiesto il ritiro della procedura di licenziamento collettivo avviata dalla Jabil per tutti i 413 dipendenti dello stabilimento casertano, e la convocazione di un tavolo al ministero delle Imprese e del Made in Italy. “Il Casertano ha già pagato un prezzo altissimo in termini di posti di lavoro persi” dice Francesco Percuoco, segretario della Fiom-Cgil di Caserta. “L’azienda deve ripensarci e restare a Marcianise. Ed è necessario un intervento del ministero per una soluzione che convinca tutti, che non sia quella già presentata nei mesi scorsi”; conclude Percuoco, facendo riferimento alla proposta messa sul tavolo ministeriale da Jabil di cedere il ramo d’azienda con lo stabilimento di Marcianise e i 413 dipendenti alla Tme Assembly Engineering Srl, nuova società costituita dalla Tme di Portico di Caserta e da Invitalia, braccio operativo del Ministero dell’Economia; una proposta già bocciata mesi fa dai lavoratori, ma che resta al momento l’unica appoggiata da Governo e Regione.
“Non vogliamo fare la fine dei nostri colleghi – dice una lavoratrice – che qualche anno fa furono convinti a lasciare Jabil per essere ricollocati in aziende in cui hanno continuato a fare cassa integrazione senza alcuna prospettiva futura, come Softlab, o da cui sono stati addirittura licenziati, come Orefice. Per questo non accettiamo la soluzione Tme, azienda che ha 150 dipendenti e in un colpo solo se ne ritroverebbe quasi il triplo in più. Il Governo deve trovare un’altra soluzione. Ma questa volta abbiamo davvero paura di essere licenziati”. In una nota, il sindacato Usb, parla della “necessità di un percorso che permetta subito il ritiro dei licenziamenti e la riapertura del tavolo di crisi ministeriale. Serve trovare una soluzione a bocce ferme, in un quadro di massima tutela istituzionale. La soluzione presentata da Jabil nel suo piano di mitigazione non è mai stata credibile ed il rischio è pure quello di impegnare risorse pubbliche in una scatola vuota. Jabil ora vorrebbe lavarsi le mani, dichiarando 413 licenziamenti. Il Ministero, la Regione ed anche il Comune ci dicano pubblicamente se intendono abbandonare i lavoratori al loro destino o se vogliono difenderli da quello che è un sopruso di una multinazionale che scappa dal nostro paese”.
I lavoratori hanno chiesto il ritiro della procedura di licenziamento collettivo avviata dalla Jabil per tutti i 413 dipendenti dello stabilimento casertano, e la convocazione di un tavolo al ministero delle Imprese e del Made in Italy. “Il Casertano ha già pagato un prezzo altissimo in termini di posti di lavoro persi” dice Francesco Percuoco, segretario della Fiom-Cgil di Caserta. “L’azienda deve ripensarci e restare a Marcianise. Ed è necessario un intervento del ministero per una soluzione che convinca tutti, che non sia quella già presentata nei mesi scorsi”; conclude Percuoco, facendo riferimento alla proposta messa sul tavolo ministeriale da Jabil di cedere il ramo d’azienda con lo stabilimento di Marcianise e i 413 dipendenti alla Tme Assembly Engineering Srl, nuova società costituita dalla Tme di Portico di Caserta e da Invitalia, braccio operativo del Ministero dell’Economia; una proposta già bocciata mesi fa dai lavoratori, ma che resta al momento l’unica appoggiata da Governo e Regione.
“Non vogliamo fare la fine dei nostri colleghi – dice una lavoratrice – che qualche anno fa furono convinti a lasciare Jabil per essere ricollocati in aziende in cui hanno continuato a fare cassa integrazione senza alcuna prospettiva futura, come Softlab, o da cui sono stati addirittura licenziati, come Orefice. Per questo non accettiamo la soluzione Tme, azienda che ha 150 dipendenti e in un colpo solo se ne ritroverebbe quasi il triplo in più. Il Governo deve trovare un’altra soluzione. Ma questa volta abbiamo davvero paura di essere licenziati”. In una nota, il sindacato Usb, parla della “necessità di un percorso che permetta subito il ritiro dei licenziamenti e la riapertura del tavolo di crisi ministeriale. Serve trovare una soluzione a bocce ferme, in un quadro di massima tutela istituzionale. La soluzione presentata da Jabil nel suo piano di mitigazione non è mai stata credibile ed il rischio è pure quello di impegnare risorse pubbliche in una scatola vuota. Jabil ora vorrebbe lavarsi le mani, dichiarando 413 licenziamenti. Il Ministero, la Regione ed anche il Comune ci dicano pubblicamente se intendono abbandonare i lavoratori al loro destino o se vogliono difenderli da quello che è un sopruso di una multinazionale che scappa dal nostro paese”.