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Le autorità italiane mettono a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, l’area campana coinvolta nei decenni scorsi nell’interramento di rifiuti tossici. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia che, pur riconoscendo la situazione, non ha preso le dovute misure. La Cedu ha stabilito che l’Italia deve introdurre, senza indugio misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento in questione. La sentenza è definitiva.

La Corte europea dei diritti umani, nella sentenza sulla Terra dei fuochi, indica che le autorità hanno due anni di tempo per realizzare una serie di interventi considerati da Strasburgo necessari sia per rimediare a tutti i tipi di inquinamento che il crimine organizzato, industrie e aziende, oltre che singoli individui hanno causato scaricando, bruciando e incenerendo rifiuti, che per informare i cittadini sulla situazione e il suo evolversi.
I giudici indicano che le autorità devono adottare una strategia che affronti tutti i vari tipi d’inquinamento e in tutte le zone interessate, e che devono provvedere al coordinamento degli interventi in modo “da evitare un’inutile frammentazione delle responsabilità”. La strategia deve essere messa in atto consultando anche la società civile.
Il piano deve includere tutte le misure volte a identificare le aree interessate dalle pratiche di smaltimento illegale dei rifiuti e a valutare la natura e l’entità della loro contaminazione; a gestire qualsiasi rischio rivelato; a indagare gli impatti sulla salute dell’inquinamento e a combattere lo scarico, il seppellimento e l’incenerimento illegale dei rifiuti. Inoltre, indica la Corte, “dovrebbe contenere chiari calendari di attuazione a breve, medio e lungo termine e l’identificazione delle risorse necessarie e la loro assegnazione ai organi statali che interverranno”. Oltre a dover tener conto dell’evoluzione della situazione, visto che vengono scoperte nuove discariche e i rifiuti continuano a essere bruciati.
La Corte ritiene poi che la decontaminazione delle aree interessate sia di primaria e urgente importanza e esorta le autorità a prevedere la presentazione di relazioni periodiche e dettagliate sulle azioni intraprese e completate e la loro efficacia. La Cedu considera anche necessario che l’Italia crei un meccanismo di monitoraggio indipendente che esamini quanto fatto e il rispetto dei tempi, e renda pubbliche le sue conclusioni. Infine lo Stato deve istituire una piattaforma pubblica online che raccolga, in modo accessibile e strutturato, tutte le informazioni rilevanti relative al problema della Terra dei Fuochi e alle misure adottate o previste per affrontarlo, con informazioni sul loro stato di attuazione.

Nella procedura sono inseriti i ricorsi ricevuti da associazioni e cittadini, questi ultimi rappresentati dinanzi alla Corte Europea, tra gli altri, dagli avvocati sanniti Salvatore Forgione e Antonella Forgione, del Foro di Benevento.
Sono centinaia i ricorsi che tra gli anni 2015 e 2016 abbiamo portato all’attenzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Si tratta di vittime, tra cui anche minori, che hanno denunciato la violazione dei loro diritti alla vita e al rispetto della propria vita personale e familiare, sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Una battaglia durata molti anni durante i quali abbiamo assistito anche gli eredi di chi, purtroppo, non è sopravvissuto”. Queste le parole degli avv.ti Salvatore e Antonella Forgione.
Nei ricorsi presentati dagli avv.ti Forgione si contesta la violazione della Convenzione da parte dello Stato Italiano in merito al diritto alla salute ed al rispetto della vita privata e familiare, chiedendo alla Corte Europea di riconoscere la violazione degli articoli 2 e 8 della CEDU compiuta dallo Stato italiano nella vicenda nota come “Terra dei fuochi”.
Nella sentenza pubblicata oggi la Corte ha stabilito che “Lo Stato italiano non ha risposto alla gravità della situazione con la diligenza e la rapidità richieste, nonostante fosse a conoscenza del problema da molti anni”. I giudici hanno concesso all’Italia due anni di tempo per “sviluppare una strategia globale per affrontare la situazione, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica”.
La Corte ha inoltre deciso di aggiornare l’esame di istanze analoghe delle quali non era stato ancora dato al Governo preavviso in quel periodo. Sulla richiesta di risarcimento del danno morale si è riservata al predetto periodo biennale.
 
Il pronunciamento della Corte europea dei diritti umani è perentorio e inequivocabile. Il Governo e tutti gli attori istituzionali si confrontino per attuare un piano che contrasti concretamente l’inquinamento, salvaguardi il territorio e la salute pubblica. La questione riguarda 3 milioni di persone e un tessuto urbano, agricolo e sociale in cui si registra, come rilevato dalla Cedu, un aumento dei tassi di cancro e dell’inquinamento delle falde acquifere.” Lo afferma, in una nota, la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno.
Tutto ciò lo dobbiamo a chi nel corso dei decenni ha usato il nostro territorio come base dei propri affari criminali. Non bastano annunci e proclami, serve immediatamente un piano operativo di intervento a tutela dei cittadini campani”, conclude.
 
La sentenza della Cedu sottolinea l’urgenza di interventi concreti e immediati per bonificare le aree contaminate e garantire la salute pubblica. È imperativo che le istituzioni italiane, a tutti i livelli, collaborino per attuare misure efficaci volte a risanare il territorio e prevenire ulteriori danni ambientali. Per questo chiediamo in particolare al governo di intervenire immediatamente e di chiarire quali azioni intenda intraprendere per affrontare la situazione e arginare i danni. Dobbiamo rendere la terra dei fuochi vivibile e per questo serve un piano immediato per la bonifica e tutela della salute. Questa sentenza deve essere un punto di svolta: non possiamo più permettere che situazioni simili si ripetano. È tempo di agire con decisione per garantire un futuro migliore alle prossime generazioni”. Lo dichiara Stefano Graziano, capogruppo del Pd in commissione Difesa di Montecitorio.
 
“Una sentenza che richiama alla responsabilità un’intera classe politica bipartisan che per anni ha sottovalutato, nascosto quello che accadeva in quel territorio. La Terra dei fuochi è una terra “martoriata” nella sua essenza più profonda ed ignorata per decenni da una classe politica trasversale che non è riuscita ad adottare soluzioni serie e concrete”. Così, in una nota congiunta, Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente commentano la sentenza della Corte europea dei diritti umani sulla Terra dei fuochi.
Dal 2003, anno in cui come Legambiente abbiamo coniato il termine nel nostro rapporto Ecomafia, raccogliendo le denunce che arrivavano dai nostri circoli presenti sul territorio, si sono succeduti 12 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un ‘vaccino’ efficace contro il virus ‘Terra dei Fuochi’ – spiegano – Chiediamo che in quei territori venga da subito attuata la sentenza, che impone una strategia globale, l’istituzione di un monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica. Deve essere fatta davvero ecogiustizia, a partire da una accelerazione seria, efficiente ed efficace della bonifica e con la chiusura del ciclo dei rifiuti”. “Lo dobbiamo ai tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza. Per fermare il fuoco e i veleni dell’ecomafia è necessario dare risposte efficaci, troppo a lunghe rimandate, che richiedono uno sforzo congiunto di tutti”, concludono.
 
Una sentenza storica quella emessa oggi dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo che si è pronunciata sul caso di Cannavacciuolo e altri ricorrenti accertando che lo Stato Italiano ha violato l’art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo vista l’esistenza di un pericolo concreto reale ed imminente per la salute dei cittadini campani“, lo dichiara l’avv. Valentina Centonze, che assiste 71 ricorrenti residenti in Terra dei Fuochi assieme ai colleghi Antonella Mascia, Armando Corsini e Ambrogio Vallo.
La sentenza ammette “un rischio – spiega Centonze – sufficientemente grave, reale, accertabile e imminente dovuto al fenomeno dell’inquinamento in atto. Esistenza di un obbligo di protezione non vanificato dalla mancanza di certezza scientifica circa gli effetti precisi che l’inquinamento potrebbe avere sulla salute del richiedente.
Mancata adozione da parte delle autorità del problema Terra dei Fuochi con la diligenza giustificata dalla gravità della situazione e di tutte le misure necessarie proteggere la vita dei ricorrenti. Mancanza di una risposta sistematica, coordinata e strutturata”. Quindi, impone misure generali dettagliate da attuare entro due anni dalla sentenza definitiva per affrontare il problema Terra dei Fuochi. “Si evidenzia anche la necessità di una strategia globale che riunisca le misure previste – conclude l’avvocato Centonze – un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma informativa. La Corte si riserva di valutare danni morali ai ricorrenti in base al comportamento delle autorità governative circa gli strumenti individuati per supplire alle carenze segnalate e le misure correttive raccomandate dalla Corte”.