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“Apprendiamo che, negli scorsi giorni, è approdata in Commissione Patrimonio la proposta di modifica del “Regolamento sull’amministrazione condivisa dei beni comuni”, elaborata dall’assessora Papa. Con questo atto, pare che l’amministrazione Marino abbia deciso di operare una profonda modifica dell’attuale Regolamento, in vigore dal 2017, che ha permesso nella nostra città la stipula di più di 20 Patti di Collaborazione che hanno consentito, grazie all’impegno di decine di volontarie e volontari, di restituire alla cittadinanza moltissimi luoghi altrimenti chiusi e abbandonati, trasformandoli in luoghi di riscatto sociale e culturale. Rispetto ad un’esperienza che dovrebbe essere, nel rispetto del principio di sussidiarietà, improntata ai valori della partecipazione e condivisione di responsabilità tra volontari e amministrazione comunale, siamo sinceramente stupiti dalle modalità di presentazione delle modifiche al Regolamento”. Così in una nota le associazioni Comitato per Villa Giaquinto, Comitato Città Viva, Comitato Parco Aranci, Attivi e solidali ODV, Combo – comitato biblioteca organizzata, Centro Sociale ex Canapificio, Laboratorio Sociale Millepiani, Nuovi stili di vita-Parrocchia Buon Pastore, Parrocchia Rione Tescione, Noi Voci di Donne. 

“L’amministrazione ha infatti – scrivono – deciso di non convocare alcun incontro pubblico e di non ascoltare il parere delle stesse realtà sociali che da anni si prendono cura dei beni comuni della città. 
In questi anni, grazie alle intelligenze e al sudore di centinaia di cittadini, abbiamo potuto restituire alla collettività alcuni dei suoi spazi pubblici più importanti, come Villa Giaquinto, la Villa di via Arno, la Villa del Parco degli Aranci, piazza Pitesti, la Biblioteca comunale, l’ex parcheggio di via Patturelli, la Casa del Sorriso Don Giorgio Quici di via Mondo ed altri ancora. Questi luoghi sono stati radicalmente trasformati: attraverso percorsi di emancipazione e democrazia diretta sono diventati luoghi socialmente sicuri, belli, partecipati e animati da centinaia di attività culturali e sociali gratuite. Con impegno ed entusiasmo abbiamo trasformato gli spazi che abbiamo attraversato, aggiustando le giostre, curando il verde e prendendoci cura delle comunità che li abitano, spesso anche senza la collaborazione istituzionale del Comune, che ha di frequente disatteso le proprie responsabilità previste dagli stessi Patti di Collaborazione. 

Non neghiamo che il Regolamento attualmente vigente abbia bisogno di profonde modifiche e, anzi, lo abbiamo sostenuto più volte negli scorsi anni, ma senza che l’amministrazione comunale ci ascoltasse. Le modifiche che oggi vengono proposte, però, non vanno assolutamente nella direzione da noi auspicata. 

Non comprendiamo, ad esempio, perché si voglia imporre il limite di un solo rinnovo ai Patti stipulati, che avranno quindi una durata massima di 3 anni più, col rinnovo, di altri 3. Cosa accadrà a quei beni, che oggi sono già al secondo triennio, il cui Patto di Collaborazione sta per scadere? Questa, lo sottolineiamo, è una preoccupazione più che legittima, dal momento che si tratta della quasi totalità degli attuali Patti in vigore. Chi aprirà e gestirà Villa Giaquinto, parte di Piazza Pitesti, la Villa di Parco degli Aranci e tanti altri beni quando, nel giro di un paio d’anni, per questi beni arriverà il termine del secondo triennio? La risposta, purtroppo, rischia di essere “nessuno”, con la conseguenza che tutti questi luoghi, che faticosamente sono stati restituiti alla città, torneranno presto ad essere chiusi o abbandonati. Questo limite del tutto insensato, inoltre, inibisce completamente la progettazione a lungo raggio degli interventi culturali e sociali. 

Anche la cancellazione dell’Ufficio sui beni comuni e il contestuale passaggio di alcune delle sue funzioni al Gabinetto del Sindaco ci trova in totale disaccordo. L’Ufficio colpevolmente non è mai stato istituito, è vero, ma la sua funzione di controllo e coordinamento sarebbe utilissima. Al contrario, il passaggio delle funzioni proprie al Gabinetto del Sindaco irrigidisce l’iter procedurale per la stipula dei Patti. Quello che chiediamo da anni, invece, è il rilancio e potenziamento dell’Ufficio, che deve avere a disposizione risorse economiche e funzionari dedicati, in modo da poter svolgere efficacemente la sua funzione. 

Tra le modifiche proposte, c’è poi addirittura il riconoscimento in capo al Dirigente al patrimonio della facoltà di decidere se firmare o non firmare i Patti di Collaborazione ordinari, eliminando il passaggio per la Giunta comunale, rendendo totalmente discrezionale l’approvazione o il diniego dei patti.

Ancora, la proposta dell’assessore Papa escluderebbe la possibilità di firmare Patti di Collaborazione per la gestione di beni oggetto anche solo di bandi da parte del Comune: un’ulteriore restrizione senza ragione, se non quella di limitare il senso stesso dei beni comuni. Quanti beni comuni oggi vengono gestiti in modo condiviso anche se oggetto di bandi o addirittura di progetti finanziati! Tra il candidare uno spazio ad un bando per la riqualificazione e l’effettivo inizio dei lavori, infatti, passano almeno dai 2 ai 4 anni. Nell’attesa e nelle more di bandi e progetti vari, la gestione virtuosa di un bene non può che essere elemento positivo per la città. Pensiamo a Villa Giaquinto, alla Biblioteca Comunale o alla Villa di Parco degli Aranci (ma l’elenco sarebbe lunghissimo!): se oggi fosse in vigore questo nuovo regolamento, quasi tutti i beni comuni di Caserta non potrebbero esistere.  

Il nuovo regolamento vedrebbe confermata la presenza dell’Osservatorio sui Beni Comuni, che, però, continua a vedere al proprio interno solo alcuni tipi di professionalità: ad esempio, perché non sono previsti filosofi o sociologi? Riteniamo che la qualità della gestione di un bene dovrebbe essere tra gli elementi di valutazione decisivi per il rinnovo o la revoca di un Patto. A questo proposito, sosteniamo che le relazioni di fine gestione, come quelle inviate per le Ville di via Arno e Parco degli Aranci, dovrebbero essere tra gli strumenti valutativi principali a disposizione dell’ente.

La proposta di inserire un limite alla partecipazione contemporanea ad un solo Patto complesso per associazione, poi, è sinceramente inspiegabile. Cosa c’è di male se delle realtà, magari in collaborazione tra di loro, decidono di prendersi cura di un secondo o di un terzo bene creando partecipazione e democrazia diretta in consonanza con lo spirito che anima l’esperienza dei beni comuni? Forse, dietro questa proposta, si nasconde una confusione tra beni comuni e sedi delle associazioni. I beni comuni, infatti, non possono essere ridotti a mere sedi associative (che pure in città mancano, ma è altro problema), ma sono luoghi che le associazioni curano per far sì che siano restituiti alla collettività. Per noi ben venga, quindi, che l’impegno di un’associazione si estenda anche contemporaneamente su più beni, come accade alla Biblioteca Tifatina di Casola, a parte della Caserma Sacchi e alla Casa del Sociale Ex Onmi!

Abbiamo esaminato solo alcune delle modifiche proposte che ci lasciano perplessi, tanto nel merito quanto nel metodo con cui sono state avanzate. Per queste ragioni, chiediamo un cambio di passo deciso da parte dell’Amministrazione. Chiediamo di essere ricevuti dal Sindaco e dall’assessora Papa per poter esporre le nostre perplessità e le nostre proposte di modifica. Chiediamo, inoltre, di essere auditi dalle Commissioni Patrimonio e Regolamenti per poter esporre ai Consiglieri comunali le nostre riflessioni. 

Ma questo non basta: è fondamentale, in questo momento, procedere con urgenza al rinnovo in Giunta e alla firma di tutti i Patti di Collaborazione che aspettano da tempo, tra cui quello di Piazza Pitesti, della Villetta di via Arno, della Villetta di Parco degli Aranci e di tutti gli altri beni fermi in questa situazione. Le comunità che vivono e animano i beni comuni non possono più aspettare le lungaggini burocratiche o gli inspiegabili impedimenti di natura politica.

I beni comuni rappresentano una delle storie più belle degli ultimi anni della città. Questa storia, costruita sui valori dell’inclusione, della democrazia, della cultura e della cura della comunità va sostenuta, rispettata e ascoltata”.