Benevento – Uomini, donne e bambini senza volto e senza voce. Coperti da un semplice cappuccio e un camice bianco che richiama la purificazione, a piedi scalzi e con un lento incedere percorrono le strade del paese, che echeggia canti commoventi eseguiti dal coro e dal popolo, flagellandosi la schiena con la ‘disciplina‘ fino a farla sanguinare.
Dopo due anni di stop a causa dalla pandemia, a San Lorenzo Maggiore torna il rito del Venerdì Santo. Tutti i cittadini sono legati all’Addolorata da una sincera devozione, aumentata anche dai numerosi miracoli operati per intercessione della Vergine.
Nei giorni che precedono la Pasqua nel piccolo comune sannita si percepisce la fede nell’aria, tutto si ferma e i cittadini si preparano, con corpo e anima, alla tanto attesa ricorrenza. Una tradizione di certo singolare, che chiama alla partecipazione tutti i Laurentini vicini e lontani nonché fedeli, turisti e curiosi.
Fino agli anni sessanta del ‘900, la processione si svolgeva alle 7 del mattino. Con il mutamento della liturgia, il rito è stato spostato al tardo pomeriggio, pur conservando inalterate le altre caratteristiche: i battenti partono dalla chiesa del SS Nome di Dio, dove sono esposte le statue di Gesù morto e della Vergine Addolorata, rivestita delle sacre vesti, e da qui ha inizio la toccante processione.
I flagellanti cominciano a salire per le tortuose viuzze del paese, senza mai smettere di battersi, seguiti dalla statua della Madonna che durante la funzione viene portata a spalle da incappucciati appartenenti ad alcune famiglie che tramandano la tradizione da diverse generazioni, e in ultimo la grande moltitudine di fedeli.
In un crescendo di passione e devozione si arriva al culmine dell’evento, dove i penitenti tornati al punto di partenza, in piazza Largo di Corte, si battono ancor più forte sotto lo sguardo di credenti e non credenti, curiosi, appassionati, tutti riuniti in una comune rappresentazione di dolore e penitenza. “È un gesto che non serve tanto ad espiare i peccati, come voleva l’ideologia medievale, – ha precisato Luciano Di Libero, membro dell’organizzazione – ma serve per essere vicini a Gesù che è stato percosso, fustigato. È un modo per avvicinarsi e Gesù e condividere il dolore che ha provato”.
Parlare di tradizioni legate alla fede di un popolo, non è mai compito semplice, specie se non se ne conosce il valore spirituale che porta con sé, o se semplicemente non lo si vive. Ed è per questo che abbiamo deciso di raccontarvelo attraverso le voci di volontari, organizzatori e fedeli. Grazie Luciano, Teresa, Nicola, Adelina e Damiano per esservi raccontati senza filtri ed emozionati. Le interviste nel servizio video.