Sulla vicenda Conca, tornata di strettissima attualità nelle ultime settimane, riceviamo e pubblichiamo dall’avvocato Luca Coletta:
“Sulla “vicenda Con.c.a”, che da giorni occupa notevole spazio sugli organi d’informazione, vorrei dare, se possibile, un contributo di maggiore chiarezza, evidenziando alcuni elementi sinora taciuti o, quanto meno, trascurati.
Va in premessa precisato che il risarcimento milionario, cui il Comune è stato condannato dal collegio arbitrale in favore della ditta costruttrice Con.c.a, riguarda in massima parte gli alloggi di edilizia convenzionata – caratterizzata cioè da prezzi più bassi rispetto a quelli di mercato -, da edificare sui lotti denominati M e N del Piano di Recupero Urbano del Rione Libertà.
Circostanza ormai acclarata è che il naufragio dell’intervento costruttivo abbia avuto la sua ragione fondamentale nella mancata acquisizione, tramite espropriazione pubblica, delle aree su cui ubicare i fabbricati, da cedere poi in diritto di superficie alla ditta costruttrice, in virtù di apposita convenzione urbanistica.
Cinque i passaggi decisivi che, a partire dall’anno 2000, hanno determinato tale mancata acquisizione.
Il primo.
Il Tar-Campania Napoli, con sentenza n. 2756/2001, dichiarò illegittima la procedura di esproprio dei fondi destinati alla realizzazione dei lotti M e N.
In sintesi, il Giudice Amministrativo ritenne che l’accordo di programma stipulato con la Regione non mutasse la destinazione urbanistica dei fondi, che, non ricadendo pertanto nelle “zone CP di espansione di iniziativa pubblica”, sarebbero dovuti essere già nella disponibilità del proponente.
Esattamente si legge nella sentenza:
<<il coinvolgimento di soggetti privati nell’attuazione del PRU presuppone che, per l’utilizzazione di aree non comprese negli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, le imprese di costruzione e le cooperative interessate abbiano acquisito la proprietà dell’area o dispongano del consenso dei proprietari in forza di atti negoziali all’uopo stipulati con gli aventi diritto. In definitiva lo strumento del PRU non contempla l’acquisto coattivo della proprietà dei suoli per l’attuazione di un intervento di edilizia residenziale, ma richiede che il soggetto proponente abbia già la disponibilità dell’area>>.
Il secondo
Il Comune e la ditta impugnarono la sentenza, per poi rinunciare alla discussione di merito già fissata per il 19/3/2002, abbandonando in tal modo la causa che, difatti, fu dichiarata estinta dal Consiglio di Stato con decreto di perenzione n. 1742 del 2012.
Il terzo
Invece di perseguire l’annullamento della sentenza del Tar attraverso l’appello, il Comune e la Con.c.a optarono per la diversa soluzione dell’acquisizione di terreni limitrofi direttamente da parte della stessa ditta, sulla base di un preliminare di acquisto.
L’asserita disponibilità dei terreni si fondava tuttavia solo su una mera dichiarazione del proprietario dei suoli, contenente un impegno alla stipula di formale atto di cessione. Stipula in realtà mai perfezionatosi neppure successivamente alle delibere di consiglio comunale 17 del 2003 e giuntale n. 82 del 2006, aventi ad oggetto la variante e la delocalizzazione dell’intervento costruttivo sui medesimi suoli.
Il quarto
Con provvedimento dirigenziale n. 3557 del 2008, con presa d’atto del Consiglio Comunale del 10/11/2008, il Comune risolveva la convenzione e dichiarava decaduta dal diritto di superficie la Con.ca, imputandole la colpevole mancata realizzazione dell’intervento nonostante la disponibilità dei terreni oggetto di procedimento di esproprio (procedimento, come visto, annullato dal Tar!).
Ne conseguiva l’attivazione da parte della Con.c.a dell’arbitrato, conclusosi con la condanna del Comune al risarcimento dei danni a titolo di mancato profitto e rimborso delle spese tecniche di progettazione.
Il quinto
Con sentenza n. 405 del 2104, il Consiglio di Stato annullava la sentenza del Tar Campania n. 2757/2001, identica alla suddetta sentenza n. 2756/2001 ma afferente l’esproprio di altri lotti (C1, C e D), rientranti anch’essi nel Piano di Recupero Urbano del Rione Libertà.
In tal modo, il Consiglio di Stato, ribaltando la pronunzia del Tar, affermava, seppure in ritardo, la piena legittimità dell’operato del Comune quanto al procedimento espropriativo.
Facile dedurne, anche se col senno di poi, che con una tempestiva decisione di secondo grado di annullamento della pronunzia del Tar Campania riguardante i lotti M e N, non vi sarebbe stato più alcun ostacolo all’acquisizione da parte del Comune dei terreni e, quindi, alla successiva concessione del diritto di superficie.
Fermo quanto sopra, può ben dirsi che Comune e ditta si sono reciprocamente rimproverati la responsabilità del mancato reperimento delle aree, ingaggiando, sul punto, un contenzioso conclusosi con un lodo arbitrale che dichiara, in maniera non del tutto convincente, la sola responsabilità del Comune.
Resta il fatto che qualunque fosse la corretta modalità, esproprio e cessione del diritto di superficie o acquisizione diretta da parte della ditta privata, è alla fine mancato il presupposto imprescindibile per la realizzazione degli alloggi.
A farne le spese sono stati unicamente gli assegnatari che, non solo non hanno potuto acquistare a condizioni vantaggiose e pressoché irripetibili la casa prenotata, ma hanno versato inutilmente cospicui acconti.
A questo punto, anziché attardarsi in stucchevoli polemiche politiche o nella tortuosa ricerca di – invero improbabili – responsabilità per danno erariale, sarebbe dovere morale che i principali protagonisti di questa vicenda kafkiana – vale a dire il Comune, e per esso il primo cittadino, e la Con.c.a., in persona del suo rappresentante legale -, facessero ciascuno la propria parte per restituire i suddetti acconti, impegnandosi solennemente in tal senso quanto meno una volta corrisposto alla ditta il riconosciuto risarcimento.
Si allevierebbe così il danno oggettivamente patito da un gruppo di cittadini colpevoli solo di essersi fidati e si scriverebbe, finalmente, una bella pagina nella vita amministrativa della nostra città”.