Benevento – Questa volta sì, è finita davvero: Fabio Caserta è stato esonerato. A nulla gli è valso resistere alla tempesta dei mesi scorsi, alle mareggiate che hanno rovinato progressivamente la sua barca, ormai troppo logora per restare a galla. L’acqua l’ha invasa, ha eluso i rattoppi di un mercato last-minute e l’ha fatta affondare. Un vero e proprio esempio di resistenza sportiva, quello del tecnico, se si considera che la sua avventura in giallorosso sarebbe potuta terminare già il 6 novembre 2021, dopo il pesante 4-1 interno rimediato dal Frosinone. Vigorito non la prese benissimo. Sconfitte così, contro rivali storici, lasciano strascichi e si digeriscono difficilmente, specie se inserite all’interno di un filotto negativo che comprese anche i ko con Pisa e Brescia.
Il caso Lapadula
Rimase al timone, il tecnico di Melito Porto Salvo, e trovò la forza di inanellare cinque vittorie di fila a cavallo del giro di boa. A quel punto un altro fulmine minò la sua tranquillità: Gianluca Lapadula chiese la cessione. E lo fece a gran voce, al punto da spingere lo stesso allenatore a gestire la comunicazione della notizia in maniera opinabile. Quando descrisse in conferenza come erano andate esattamente le cose con l’italo-peruviano, in quel momento capocannoniere della B, sull’ambiente calò il gelo. La squadra vinse contro il Monza senza il suo numero 9, ma dovette poi fare i conti con i lividi causati dalla botta. Il gioco, già sterile, divenne approssimativo e dunque ancor meno convincente, ma pur senza identità (e ritrovato Lapadula) il Benevento riuscì a tenersi aggrappato alla zona promozione arrivando al 25 aprile con il destino nelle proprie mani.
Finale da incubo e play off
Per un momento la Strega accarezzò la A diretta grazie al colpo di testa di Barba nel match interno con la Ternana. Poi le Fere con un’autentica lezione di calcio capovolsero il risultato. Era la seconda sconfitta di fila dopo il terribile flop di Cosenza, quella che segnò l’addio definitivo ai primi due posti. La classifica si presentava troppo corta per rimediare, e nemmeno il successivo scontro diretto con il Monza (perso male) appariva come un’opportunità di redenzione per una squadra ormai avvitata su se stessa e soprattutto stanca a causa delle scelte legate al mancato turn over.
Prima dei play off si fecero strada numerose riflessioni tra la dirigenza. Riguardavano proprio Fabio Caserta, in bilico fino a pochi giorni prima del match da dentro o fuori contro l’Ascoli al Del Duca. La vittoria dei giallorossi, guidati al passaggio del turno dal solito Lapadula, valse come una parziale riconferma in panchina. Una certezza che né l’eliminazione con il Pisa né il polverone causato dalle dimissioni di Oreste Vigorito a inizio estate riuscirono a scalfire.
Un’estate turbolenta
La nuova stagione sarebbe ripartita con Caserta al timone e con dubbi inalterati sulla fiducia. Anzi, il mercato votato al risparmio e al ridimensionamento non avrebbero fatto altro che rendere ancora più instabile la posizione del tecnico, ritrovatosi a capo di un progetto completamente mutato. Il pessimo precampionato e le sconfitte con Genoa e Cosenza sembravano condurlo dritto all’esonero. Daniele De Rossi era pronto a prendere il suo posto, aveva persino incontrato la società, colpevole in questo caso di aver fatto trapelare la notizia.
Il pari col Genoa, conquistato a Marassi grazie a una gara conservativa sulla base del nuovo 3-5-2, ha poi dato una nuova occasione allo stesso Caserta. Non solo: la società ha operato sul mercato nell’ultima settimana utile per migliorare una rosa che non sembrava all’altezza in molte zone del campo. Non è bastato a risolvere i problemi che a Brescia si sono tradotti non tanto nella disattenzione che ha portato al gol decisivo di Bianchi, ma nella mancanza di un’idea di gioco che sappia rendere riconoscibile il Benevento. Quell’idea, o identità se preferite, che Fabio Caserta in 50 gare ufficiali tonde alla guida dei sanniti tra campionato, play off e coppa Italia non è riuscito a trasmettere.