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Grande successo, sabato sera, per l’Orchestra d’Archi Accademia di Santa Sofia, che ha inaugurato l’anno nuovo, in un Teatro Comunale di Benevento stracolmo, dalla platea fino all’ultimo piano dei palchi, di appassionati di buona musica, entusiasmati dai “Fuochi d’artificio“, uno spumeggiante programma musicale, tutto dedicato alla grande danza, che ha spaziato con emozione, sapienza e coinvolgimento, tra i più celebri e amati brani di quella grande musica classica che ha fatto anche la storia della danza universale.

Straordinaria, come e più di sempre, l’orchestra tutta, popolata di talento virtuosistico straripante da ogni sezione, messo ancora più in luce dalla particolarità della scelta musicale, molto più che un piacevole e pur sempre raffinatissimo intrattenimento da gran ballo a palazzo, che ha saputo scaldare i cuori e gli animi degli spettatori, in una fredda sera d’inverno come poche, ancora, ne avevamo sentite.

Il libretto di sala proponeva, in forma di concerto, alcune tra le musiche più iconiche e memorabili, composte per alcuni dei balletti più amati della storia, composti per la danza, il teatro, l’opera o per il cinema.

La gustosa soirée inizia con le briose note di “Coppélia, o La ragazza dagli occhi di smalto” (1870) di Léo Delibes, celeberrima, col suo notissimo e bellissimo Valzer delle ore, trascinante e irresistibile che suscita il primo applauso a scena aperta; e poi il delizioso Galop, incontenibile e giocoso.

L’ensemble conquista i cuori con le vive e struggenti “Danze rumene” (1915-1918) dell’ungherese Béla Bartók, che ci trasportano dall’accorata e nostalgica malinconia all’allegria più sfrenata, dove il primo Violino Riccardo Zamuner dapprima ci incide l’anima con affilate, precisissime stoccate e poi la ricompone, intessendo magistralmente sottili e lancinanti trame come il più abile e spietato dei chirurghi. A controllare le pulsazioni, profonde e limpide, del cuore, pensa, come sempre, il contrabbasso di Gianluigi Pennino. Sorridente il respiro, ampio e controllato, del violoncello di Danilo Squitieri coadiuvato dal perfetto collega Alfredo Pirone, mentre l’ensemble compatto e affiatato li segue e assiste mirabilmente l’operazione, perfettamente riuscita. E il pubblico, paziente guarito, ringrazia con calorosissimi applausi.

Arriva poi il momento dedicato a Georges Bizet con le atmosfere provenzali della suite dalle danze de l’Arlésienne (l’Arlesiana, 1872), in cui Bizet riprende, moltiplicandolo, il celebre tema popolare natalizio dell’Antica Marcia di Turenna o de’ Re Magi, passando dalle meraviglie dell’Allegro moderato, all’Andantino, all’Allegro vivo, dai toni caldi, memorabile e incalzante.

Ecco arrivare le aristocratiche melodie de “Il Gattopardo” (1963) di Nino Rota, o “la storia del cinema mondiale”, con il valzer dal film Il Gattopardo (Luchino Visconti,1963) dove il grande respiro dell’intera orchestra incarna perfettamente il largo respiro di un valzer raffinato e iconico, simbolo del cinema italiano, della cultura, della storia e dell’arte di un paese, con le sue luci e le sue contraddizioni.

L’atmosfera in teatro ritorna subito frizzante e spensierata con lo scherzo musicale “Perpetuum Mobile” (Moto Perpetuo,1861) di Johan Strauss (figlio). L’orchestra divertita è un orologio dal meccanismo perfetto ed elegantemente giocoso.

Seguono altri tesori immortali, con la suite da Lo Schiaccianoci (1821-1892) di PëtrIl’ič Čajkovskij, con l’incantevole Valzer dei fiori, romantico e impetuoso, dove la memoria corre all’omaggio alla natura, poetico e sublime, del film, capolavoro d’animazione Disney, Fantasia; e poi l’esaltante Trepak, la danza cosacca che esalta letteralmente il pubblico.

E ancora, l’inquietante e straniante “Danza dei cavalieri” da “Romeo e Giulietta” (1935) di Sergej Sergeevič Prokof’ev; oscura e splendida al contempo, fu scritta per il balletto ispirato alla tragedia di William Shakespeare.

Ed ecco l’iconica e travolgente “Danza delle spade” o “delle sciabole” (1942) del balletto “Gayane” di Aram Il’ič Chačaturjan, energia pura dalla fiammeggiante orchestra.

Il vortice della danza approda in Italia, per finire con il gran “Ballo Excelsior” (1881) di Romualdo Marenco, che è ormai nel nostro patrimonio genetico, così come l’amatissima “Tarantella” (1830-1835) di Gioachino Rossini, che chiude in bellezza la serata.

Gli applausi scrosciano riconoscenti e grati e le grida Bravi risuonano, richiamando più volte ai saluti l’orchestra, finché il bis arriva riproponendo l’esaltante Trepak da Lo Schiaccianoci di Čajkovskij.

L’ensemble, meraviglioso, sul palco era composto dai Primi Violini: Riccardo Zamuner (konzertmeister), Elena Emelianova, Alberto Marano e Lorenza Maio; i Secondi Violini: Federica Tranzillo, Emanuele Procaccini e Alessandra Rigliari; le Viole: Francesco Solombrino e Martina Iacò; i Violoncelli: Danilo Squitieri e Alfredo Pirone; il Contrabbasso: Gianluigi Pennino.

Come sempre, ad aprire la serata, i saluti calorosi di Marcella Parziale Direttore Artistico e Maria Buonaguro, Presidente Amici Accademia di Santa Sofia, cui è seguito il consueto preludio scientifico affidato per l’occasione a Eugenio Zimeo, Professore Associato di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni al Dipartimento di Ingegneria (DING) dell’Università degli Studi del Sannio, con un interessante intervento, quanto mai attuale, intitolato “Invisibile computing: l’informatica pervade il quotidiano” dedicato alla necessaria giusta comprensione e alla corretta gestione della cosiddetta intelligenza artificiale, oggi presente in ogni ambito della nostra vita.

L’evento faceva parte della Stagione Concertistica 2023/2024, proposta da Accademia di Santa Sofia sempre in collaborazione con Università degli Studi del Sannio e Conservatorio di Benevento. Da quest’anno anche Banco Bpm affianca l’Accademia di Santa Sofia, poiché sostenere la cultura e promuovere la sua diffusione sui territori, anche attraverso iniziative musicali, rappresenta per la Banca un impegno concreto a favore delle comunità.