Quando un giovane decide di partire, di lasciare la propria terra di origine, lo fa spesso per necessità. Per cercare altrove le opportunità che non gli svengono concesse. In valigia un pieno di sogni e speranze, ma anche rimpianti e rinunce. Lontano da parenti e amici, lontano anche dalla squadra del cuore.
Roberto Leone e Antonio Bruno sono due sanniti che sono stati costretti a trovare a Parma quello che Benevento gli ha negato. Nonostante questo non hanno mai voltato le spalle ai colori giallorossi, rimasti sempre legati a una fede abbracciata da bambini.
“Siamo andati ovunque, due volte al mese il ‘gruppo parmigiano’ era presente per vedere il Benevento dal vivo“, racconta Roberto, che da poco ha lasciato l’Emilia dopo venti anni, “per i sanniti che vivono lontano, perdere la serie B significherebbe proprio questo, non poter vedere la Strega dal vivo perché il costo delle trasferte diventerebbe proibitivo. L’aspetto bello non è solo la partita come molta gente pensa, ma la trasferta stessa. Ritrovarsi e trascorrere una giornata insieme, mangiare un panino tra una battuta e l’altra. Perdere la categoria sarebbe grave a livello sociale. Questi sette anni ci hanno permesso di muoverci, di vivere la trasferta come un modo per stare insieme“.
“Tolta la parentesi in Lega Pro, quando optarono per i gironi misti, è sempre stata una sofferenza non poter seguire il Benevento“, gli fa eco Antonio, “avevamo un sogno, vedere la Strega a Parma e lo abbiamo realizzato. Al di là della categoria, l’aspetto più triste sarebbe quello di non potersi più organizzare, si tornerebbe un po’ al passato. Il dispiacere è tanto, molte persone con le quali mi confronto non si spiegano come il Benevento possa stare là in fondo“.
Eppure la realtà dei fatti racconta di una Strega alla disperata ricerca della salvezza, relegata in ultima posizione a quattro giornate dal termine. “Ci sono stati errori ripetuti sistematicamente, il ragionamento parte da lontano“, prova a darsi una spiegazione Roberto, “altre società, si pensi a Sassuolo ed Empoli, sono riuscite a mantenersi al top perché negli anni hanno curato i settori giovanili e si sono avvalse di dirigenti competenti. Non si può pensare di competere con i colossi solo con i soldi. Quest’anno, a mio avviso, c’è stata presunzione, siamo partiti con un progetto giovani per poi prendere, in frette e furia, tanti giocatori fermi da tempo“.
“Spero nella salvezza ma sono realista, abbiamo fatto pochissimo in trequarti del campionato e nelle ultime partite la vedo dura“, cerca di non crearsi aspettative Antonio, “nell’ultimo anno serie A avevamo un buon vantaggio e lo abbiamo dilapidato, adesso la situazione è inversa e siamo noi a dover rimontare. La delusione del momento parte da quella retrocessione, da una mancata rivoluzione. Bisognava affidarsi a collaboratori più preparati. C’è rammarico perché la società ha tante potenzialità“.
La matematica, però, non condanna ancora la formazione di Andrea Agostinelli, costretta a chiedere a strada proprio al Parma. “All’andata ero allo stadio, vincemmo con il gol di Forte e dopo la partita le mie amiche Sonia e Nadia mi portarono al Senti Senti Cafè dove Mattia mi accolse come un re“, ricorda Roberto, “questo per dire come vive il calcio Parma, non c’è astio. Mi invitarono a bere con loro e feci anche una foto con un giovane tifoso ducale“.
“I parmigiani non si fidano del Benevento, sulla carta è una sfida facile per loro ma c’è il ricordo dell’andata quando ci sottovalutarono. Non sono contenti della stagione, sono molto critici nei confronti squadra. Sanno di dover conquistare i tre punti, ma si avverte paura perché anche all’andata erano convinti di vincere“, conclude Antonio, lanciando un appello alla piazza giallorossa, “dobbiamo smetterla di essere frustrati, dobbiamo essere prima di tutto tifosi del Benevento. Dopo Benevento-Crotone, Vigorito ci disse di fidarci di lui, io voglio ancora fidarmi ma in due anni ci sono stati più fatti di gossip che risultati sportivi“.