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Una gremita Chiesa di Santa Sofia a Benevento, ha accolto, venerdì sera, con calore e grandissima attenzione Mons. Felice Accrocca e la sua tanto attesa lezione-dissertazione dedicata a Francesco d’Assisi, intitolata “L’autografia di un illetterato”.

L’interessante appuntamento, faceva parte della Stagione Artistica 2023, promossa da Accademia di Santa Sofia insieme a Università degli Studi del Sannio e Conservatorio di Benevento, sempre con la direzione artistica di Marcella Parziale e Filippo Zigante, e la consulenza scientifica di Marcello Rotili, Massimo Squillante e Aglaia McClintock.

A presentare la serata, come sempre, la Presidente Amici dell’Accademia, Maria Buonaguro.

L’Arcivescovo di Benevento, docente di Storia della Chiesa medievale presso la Pontificia Università Gregoriana e docente all’Istituto Teologico di Assisi, è uno dei massimi esperti mondiali sulla vita del santo di Assisi. Ha all’attivo numerose pubblicazioni e collabora da anni con la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org.

Nel suo intervento, denso di scoperte umane e curiosità storiche, ha raccontato per quasi due ore, le molteplici interpretazioni, le delicate valutazioni, le affascinanti ipotesi, derivate dalle interminabili e approfondite analisi scientifiche e calligrafiche, effettuate su alcuni importantissimi scritti autografi di Francesco.

Con l’ausilio di videoproiezioni e copie cartacee dei testi originali distribuiti al pubblico, ha descritto nei minimi dettagli ogni singolo frammento di testo, ogni carattere, lettera, glifo, segno, graffio, piega, impronta o macchia presente sui frammenti vergati dalla mano del santo, e giunti sino a noi, grazie a Frate Leone, uno dei suoi compagni più vicini, ora seppellito accanto alla sua tomba, che li conservò come reliquie. Oggi tali frammenti, considerati tra le fonti francescane più rilevanti, dopo la “Regola”, sono conservati ad Assisi e a Spoleto.

L’emozione del ricercatore, di tenere fra le mani degli scritti autografi di Francesco, anche se in fotocopia, è tangibile. Accrocca ne parla da storico, ma anche con grande partecipazione e coinvolgimento. Segnalando come sia stupefacente e importante scoprire come in esse si ritrovi un Francesco umanissimo, malato e sofferente, in preda a sentimenti contrastanti, animato da dubbi e incertezze, intemperanze e cambi di umore, come un qualunque uomo del suo tempo ma anche del nostro.

Ne descrive grafia e tecnica sottolineandone l’elementarità dello stile, per niente accademico o professionale, ma naturale e spontaneo, che qui attinge anche all’italiano parlato all’epoca in Umbria oltre che al latino. D’altronde Francesco, figlio di mercanti, doveva giusto saper leggere, scrivere e far di conto. Non era stato educato alle belle lettere. Anche se poi lascerà pagine memorabili.

E cosi Accrocca ci mostra e ci racconta, con grande dovizia di particolari e aneddoti storici, una preziosissima serie di scritti legati alla figura di Frate Leone, religioso che fu vicino a Francesco durante momenti cruciali della sua vita, in particolare negli ultimi anni presso il Santuario della Verna, momenti in cui chiese a Francesco di scrivere una benedizione personale, la Benedictio fratris Leonis, e una lode a Dio, la Laudes Dei altissimi.

E così, il santo, scrisse quanto richiesto su una carta, chiamata “Chartula fratri Leonis”, ossia “Foglietto di Frate Leone”, l’una sul fronte, l’altra sul retro. Il documento è conservato in ottime condizioni presso la Basilica inferiore d’Assisi, nella cappella delle reliquie.

La benedizione, scritta nel settembre 1224, due anni prima di morire, è arrivata fino a noi ancora leggibile con il “Tau” impresso su di un lato, simbolo con il quale Francesco si firmava. La Chartula, questo il nome con cui viene chiamata la reliquia, è tutt’ora conservata nel reliquiario del Sacro Convento accanto al saio del fraticello d’Assisi.

Ecco la benedizione di frate Francesco a frate Leone, che in quel periodo attraversava un momento di difficoltà spirituale.

In latino: Benedicat tibi Dominus et custodiat te; ostendat faciem suam tibi et misereatur tui. Convertat vultum suum ad te et det tibi pacem. Dominus benedicat te.

In italiano: Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate Leone.

Ma il documento forse più sorprendente che tanto ci racconta dell’uomo Francesco, più che del santo, è proprio la Lettera spoletina, la Lettera a frate Leone, un documento autografo conservato presso il Duomo di Spoleto. La lettera tra l’altro, fu scritta con difficoltà, da un Francesco quasi cieco e sofferente. Una malattia che aveva contratto probabilmente nel suo ultimo viaggio in Egitto e che si aggravava di giorno in giorno, lo costringeva a cure inefficaci quanto dolorose. Sono gli ultimi anni della vita di Francesco, tra il 1224 e il 1225. Anni che lo vedono ancora in viaggio per le città dell’Umbria e delle Marche.

La lettera, scritta su pergamena di pelle di capra e grande 13×6 cm, è oggi conservata in un tabernacolo del XIX secolo presso il duomo di Spoleto. In 19 brevi, preziosissime, righe, ribadisce l’aiuto e il sostegno spirituale di Francesco nei confronti del fratello in crisi, similmente alla Chartula fratri Leonis.

Il testo della lettera in latino: «1. 2. Frater Leo, frater Francisco tuo salutem et pacem. Ita dico tibi, fili mei, sicut mater: quia omnia verba, quae diximus in via, breviter in hoc verba [!] dispono et consilio, et si dopo [tibi?] oportet propter consi- / 3. lium venire ad me, quia ita consilio tibi: in quocumque modo melius videtur tibi placere Domino Deo et sequi vestigiam [!] et paupertatem / 4. suam, faciatis cum be-neditione Domini Dei et mea obedientia. Et, si tibi est necessa-rium animam tuam propter aliam consolationem tua, et vis, Leo, venire ad me, veni»

Il testo, in italiano: «1. Fratello Leone, il tuo fratello Francesco ti augura salute e pace! / 2. Figlio mio, parlo a te come una madre. Tutte le parole che ci siamo scambiate per strada, le riassumo in questa parola e consiglio, anche se in avvenire avrai bisogno di tornare a chiedermi consiglio. Eccoti dunque il mio pensiero: / 3. qualunque modo di piacere a Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, ti sembri il migliore, ebbene, fallo con la benedizione del Signore e con la mia obbedienza. / 4. Ma se è necessario per la tua anima, per un’altra tua consolazione, e vuoi, o Leone, venire da me, vieni!».