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Un “Viaggio d’amore” prometteva il titolo (quasi riecheggiando quello di un suo film del 2002, “Un viaggio chiamato amore”) e tale è stato, tra ricordi familiari, musiche del cuore e brani di poeti amati.
E Michele Placido entra subito in sintonia con il pubblico del Complesso Sant’Agostino, sentendosi quasi a casa (è nato ad Ascoli Satriano, una ottantina di km da Benevento) e lasciandosi andare a ricordi familiari, tradizioni culinarie che sa essere comuni anche al Sannio; così percorrendo il filo della memoria, coadiuvato dal poliedrico Davide Cavuti – regista, compositore ma anche abile fisarmonicista – Placido scherza con “L’uccelletto in chiesa” di Trilussa e poi con la divertente “Le golose” di Gozzano, già cavallo di battaglia del grande Paolo Poli.
Il chitarrista argentino Martin Diaz delizia la platea con una accorata versione di “El día que me quieras” di Carlos Gardel, e nell’auditorium riecheggiano tanghi famosi, come El Choclo, e le melodie di Astor Piazzolla, tra cui Escualo, Oblivion, e la notissima Libertango. Il grande attore si produce nella splendida lirica di Edgar Lee Masters “Ho conosciuto il silenzio”, divinamente interpretata davanti ad un pubblico attento che diviene ulteriormente partecipe quando Placido interpreta il celebre monologo tratto dall’atto unico pirandelliano “L’uomo dal fiore in bocca”, rappresentato per la prima volta giusto un secolo fa. 
Una riuscita prova d’attore, corredata da musiche ben eseguite e decisamente apprezzata dagli spettatori presenti in gran numero. Michele Placido, attore protagonista del film “Orlando”, diretto da Daniele Vicari e nelle sale dall’1 dicembre, nonché da poco reduce dalla regia del film “L’ombra di Caravaggio”, si è nuovamente dimostrato garbato intrattenitore e validissimo interprete. 

Il quarto appuntamento della stagione concertistica dell’Accademia di Santa Sofia realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi del Sannio e il Conservatorio ‘Nicola Sala’, sotto la direzione artistica di Marcella Parziale e Filippo Zigante e con la consulenza scientifica di Marcello Rotili, Massimo Squillante e Aglaia McClintock, è iniziato con la prolusione della professoressa Antonella Tartaglia Polcini che ha parlato di ‘Patrimonio: dall’individuale all’universale’. “La dimensione universale è un presupposto per far sì che i beni culturali, parte integrante del patrimonio locale, regionale, nazionale, internazionale diventino patrimonio universale” ha spiegato la Polcini citando la Convenzione del 1972 che incoraggia i Paesi membri a identificare e tutelare il proprio patrimonio. “Ed ecco – ha concluso – che il patrimonio da statico si trasforma in dinamico, quale espressione di una funzione, quindi diretto ad essere fruibile, trasmissibile, attraverso la conservazione e la valorizzazione, alle generazioni presenti e future”.