Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Claudio, cittadino beneventano e residente in una delle zone più discusse, quella piazza Piano di Corte oggetto ultimamente di lavori tra polemiche e ricorsi.
“La sistemazione della piazza Piano di Corte di Benevento sta per essere ultimata. Il nuovo assetto che utilizza deliberatamente a mo’ di barriere pali, paletti, lampioni, panchine, sembra pensato in modo da fare un dispetto a chi ci vive: ampi spazi riservati a chi campa del degrado di questa piazza e dell’intera zona a discapito degli stalli per le auto dei residenti.
A parte la dubbia liceità, di cui vorrò chiedere conto nelle sedi preposte, e il gusto dei manufatti, se ne ricava l’impressione che chi ha progettato questa piazza o il suo mandante abbia voluto dare un segnale forte e chiaro: in questa piazza non si vive vita normale; in questa piazza non c’è spazio per chi dopo il lavoro non desidera altro che tornare al focolare domestico; in questa piazza non c’è spazio per giochi di bimbi; questa piazza è vietata ai ragazzi che confabulino dei compiti da portare a scuola l’indomani; in questa piazza non c’è spazio per chi ambirebbe a ricevere una visita di un caro; in questa piazza non c’è spazio per chi vuole fare la spesa, quella grande, e portarla a casa, senza doversi preoccupare di andare a parcheggiare poi a chilometri di distanza.
Insomma in questa piazza non c’è e non ci dovrà essere nessun barlume di vita vera. Questa piazza è centro e simbolo di un vero e proprio progetto di sostituzione antropologica: in questa piazza, e nei luoghi limitrofi, ci deve essere spazio solo per l’esistenza di plastica, finta, superficiale, della movida che tanti danni arreca all’ambiente ed ai giovani che attrae. Attività produttive si dice; di che? Di gravissimi incidenti stradali; di risse con esiti anche disastrosi; di aggressioni subite perfino in casa da parte di chi ci abita; di salute rovinata dagli stravizi di cui questi giovani non tarderanno a pagare il conto, che poi sarà pagato, in termini economici, dal Sistema Sanitario Nazionale, ovvero da quelli di noi che pagano le tasse; di frastuono e folla pigiata fino all’inverosimile; per non parlare dell’onta al decoro di un quartiere che dovrebbe essere contorno del monumento di Santa Sofia – patrimonio dell’UNESCO ancora per poco se tutto rimane com’è – sotto forma di cumuli di immondizia, cocci di vetro pericolosi per cose e persone, escrementi non tutti di origine animale; onta a questi luoghi determinata da certi gestori che usano di tutto, panche, sgabelli, tavolini, fioriere brutte quanto sporche, pur di marcare il territorio, pur di ampliare la capacità di smercio.
Se penso che quando ristrutturai, con tanto amore ma fra mille difficoltà, la mia casa, situata a pochi metri da Piazza Piano di Corte, la Soprintendenza prescrisse perfino di che materiale dovessero essere fatte le ornie di finestre e balconi, quali colori avrei potuto usare per la facciata, quale tipo di pavimento e così via e che a questi signori si consente di usare quello che vogliono, arredi che non stonerebbero alla sagra della polpetta, mi viene il voltastomaco! Con il che, oltretutto, si vanno a far benedire i cospicui fondi investiti per la sistemazione della piazza, inquinata da oggetti culturalmente estranei prima ancora di essere riaperta. Spero di interpretare i sentimenti dei miei vicini, compagni di sventura, concludendo con un grido: riconsegniamo questi spazi alla legittima e unica proprietaria, la città”.
Immagine di repertorio