Un grido di impegno civile ed allo stesso tempo finalizzato alla rieducazione, l’evento svoltosi presso il carcere “Antimo Graziano” di Bellizzi Irpino, dove stamani è andata in scena “Il sindacato dei mendicanti”, opera in tre atti scritta da Gerardo Caputo. Lo spettacolo rappresenta l’apice del progetto ‘I care‘, iniziativa nata all’interno di un laboratorio di ricerca pedagogica per promuovere il dialogo intra e inter-culturale.
Al centro del progetto, che punta a coniugare etica ed estetica, ci sono le detenute stesse: sette di loro hanno infatti recitato accanto alla promotrice e ideatrice dell’iniziativa, Roberta Izzo, dottoranda presso l’Università degli Studi di Salerno, animata dalla passione per il teatro e da un forte senso di responsabilità sociale.
“Le ragazze hanno partecipato in maniera intensa al programma – ha precisato -. L’evento di oggi è di fatto la conclusione di un lungo percorso che si è proposto di mettere insieme l’àmbito formativo e il performativo, come del resto si evince dal titolo del progetto: un invito alla cura, all’impegno morale e civile. Le detenute hanno colto pienamente questo messaggio e hanno collaborato con grande entusiasmo, contribuendo sia alla scelta dell’opera teatrale, che alla recitazione ed alla scenografia”.
Izzo, già attiva nell’Associazione Teatrale “La Finestra degli Specchi”, ha potuto contare sull’aiuto della Compagnia sannita e del suo presidente, Alessandro Tommaselli, che ha sottolineato il valore del percorso intrapreso: “Per nove mesi abbiamo avuto una presenza costante nella struttura, ottenendo da subito un ottimo feedback. Col tempo si è poi creato un legame forte, sostenuto dall’entusiasmo delle detenute. Siamo molto soddisfatti di tutte loro”.
La supervisione scientifica dell’iniziativa è di Marinella Attinà, docente di pedagogia generale e sociale e responsabile del laboratorio di ricerca pedagogica del Dipartimento di Scienze Umane Filosofiche e della Formazione dell’Università degli Studi di Salerno, che ha sottolineato come il valore formativo di tale proposta vada oltre la mera rappresentazione teatrale: “Oggi si compie l’esito di un progetto complesso e non scevro da difficoltà, in cui la la drammaturgia coesiste con un intento pedagogico. Seguendo il monito di Don Milani, ‘I care’, abbiamo cercato di tirar fuori da queste donne le loro potenzialità, al di là dei profili giudiziari che le definiscono”.
Parte integrante del progetto anche la funzionaria e mediatrice culturale Antonella Sirignano, che a sua volta ha evidenziato l’importanza di fare cultura negli istituti penitenziari: “Per una reale rieducazione occorre partire dalla scuola, dai corsi di lettura e dai laboratori teatrali. Questo progetto, già approvato dalla precedente direttrice, è stato accolto con favore anche dalla nuova dirigente. Nonostante le difficoltà, abbiamo sempre creduto nelle detenute, che sono le vere protagoniste di questa esperienza. È un modo per dare un’immagine diversa del carcere e per dimostrare che, anche dietro le sbarre, c’è la possibilità di cambiare in meglio”.
In origine, la rappresentazione avrebbe dovuto tenersi presso il Teatro Gesualdo di Avellino, ma la nuova direttrice Maria Rosaria Casaburo ha poi deciso invece di far svolgere lo spettacolo in uno spazio all’interno dell’istituto di pena.
“Abbiamo avuto la disponibilità e la collaborazione di tutti”, ha spiegato Rosario Meoli, tra i promotori dell’iniziativa. “Ed è per questo che ringrazio tutti per lo straordinario lavoro svolto”.
Il progetto ‘I care’ ha mostrato dunque come il teatro possa trasformarsi in un potente strumento di rieducazione e riscatto sociale: l’auspicio è che questa esperienza possa diventare parte di un disegno più ampio, capace di offrire nuove opportunità alle detenute e di ridefinire il ruolo del carcere come luogo di crescita e cambiamento.