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La tragica vicenda di Antonio Pagnano, 26enne di Colle Sannita, si è conclusa in tribunale con un’amara decisione per la sua famiglia. Questa mattina, il giudice per le indagini preliminari Roberto Nuzzo ha accolto la richiesta della Procura di archiviare l’inchiesta sulla morte del giovane, avvenuta il 5 febbraio 2020 presso la clinica Santa Rita di Benevento. I medici coinvolti, il chirurgo Dino Di Palma e il radiologo Michelino Tedesco, difesi rispettivamente dagli avvocati Angelo Leone e Vincenzo Sguera, sono stati sollevati da ogni responsabilità.

La vicenda risale a novembre 2019, quando Antonio fu ricoverato per la rimozione di un linfangioma cavernoso retroperitoneale. Un intervento che sembrava di routine si trasformò in un incubo. La prima operazione scatenò una serie di complicazioni che richiesero ulteriori interventi chirurgici, senza però riuscire a migliorare la situazione clinica del giovane. Dopo mesi di sofferenze, Antonio perse la vita, lasciando nello sconforto la famiglia e gli amici.

La decisione del GIP ha gettato nello sconforto i familiari e gli amici di Antonio, che da anni chiedono giustizia. Su Facebook, il fratello di Antonio ha espresso il profondo disappunto per l’esito del processo. Un post che esprime una forte critica verso il sistema giudiziario e medico, che, a detta dei familiari, avrebbe fallito nel fornire risposte chiare sulla morte di Antonio. Cinque consulenti avrebbero individuato responsabilità nei confronti dei medici, ma la loro voce sembra essere rimasta inascoltata. Il fratello scrive: “Questa mattina è stato archiviato il caso di Antonio. Il gip Roberto Nuzzo non rileva responsabilità dei medici Dino Di Palma e Michelino Tedesco e della Clinica Santa Rita di Benevento. Allora noi, dopo 4 anni e mezzo, siamo qui a chiederci come è morto Antonio. Come sia stato possibile. Se non ci sono responsabilità di tutti i soggetti com’è possibile che 5 consulenti rilevano colpe a loro carico? Com’è possibile che nel processo civile i consulenti della procura riferiscono che ci sono tutte le colpe da noi individuate sin da subito? Viviamo in un mondo che punta a smaterializzare gli eventi, dove la persona e in questo caso ANTONIO è un numero, una pedina che fa parte di un quadro corrotto che parte dai medici e finisce con la procura. Portare avanti questa lotta è sofferenza pura e non un dare colpe senza senso, per il semplice gusto di farlo. Detto ciò non ci fermeremo neppure questa volta e andremo avanti fino a quando non otterremo quel briciolo di giustizia che possa lasciare in pace Antonio. Perché ANTONIO non è un numero e non fa parte del vostro quadro corrotto. GIUSTIZIA PER ANTONIO”, conclude il post.

La vicenda di Antonio Pagnano, solleva interrogativi più ampi sulla gestione dei casi medici complessi, sulle responsabilità degli operatori sanitari e sui meccanismi del sistema giudiziario italiano. Per la famiglia, la strada per la giustizia è ancora lunga, ma la determinazione di chi lo amava non sembra essere scalfita dall’ennesimo ostacolo. “Giustizia per Antonio” ormai è diventato il grido di battaglia di chi lo conosceva, un grido che ora, più che mai, risuona con forza, nella speranza che la morte del giovane possa, un giorno, trovare una spiegazione.