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Morì in ospedale per le conseguenze di una setticemia, ma per i consulenti della Procura di Benevento non sono ravvisabili colpe tra i sanitari. La famiglia dell’uomo però non ci sta: “Vogliamo la verità”.

Fu un calvario di quattro mesi, quello di un medico 70enne della provincia di Avellino, morto un anno fa. Una sofferenza iniziata con forti dolori al torace, e passata pure per un ictus. Condizioni di progressivo peggioramento, scandite da ricoveri e dimissioni in tre diverse strutture: il Moscati di Avellino, il San Pio di Benevento e la clinica sannita Villa Margherita.

“Negli ultimi mesi di vita – racconta la moglie dell’uomo – mio marito non ha avuto il tempo di contrarre l’infezione a casa. Dove l’ha presa?”. Domanda legittima, per ora senza risposta. Il 70enne spirò al Moscati il 3 maggio 2022. “Scompenso multiorgano da sepsi severa” la causa accertata dai medici. Immediata la denuncia della moglie ai Carabinieri. Un fascicolo di indagine – a carico di ignoti – fu aperto dal pm Maria Colucci. Il sostituto procuratore sequestrò le cartelle cliniche e dispose l’autopsia. Secondo la relazione autoptica, tuttavia, non è dimostrabile alcun nesso causale tra una ipotetica infezione nosocomiale, contratta presso Villa Margherita, e la sepsi diagnosticata all’ammissione presso il San Pio di Benevento, il 29 aprile 2022. Questo per l’assenza di chiari segni di infezione documentabili nel domicilio del paziente, dopo la dimissione dalla clinica. E quindi nell’arco di circa 25 giorni, tra l’uscita da Villa Margherita del 4 aprile, e il ricovero del 29 aprile.

Sull’ultimo punto, la famiglia del paziente contesta uno dei diversi presunti errori della relazione: il 29 aprile l’uomo non sarebbe stato ricoverato al San Pio, come affermato nella relazione autoptica, bensì al Moscati, dove morì qualche giorno dopo. Ad ogni modo i consulenti della Procura non considerano censurabile la gestione del catetere vescicale, durante la degenza. Anzi, sarebbe rispettosa delle linee guida internazionali. Idem per la gestione dello ‘statico settico’ al Moscati e al San Pio. In poche parole, per i consulenti del Pm non possono configurarsi profili di responsabilità professionale a carico dei sanitari.

Una conclusione respinta dai familiari e dai periti del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, presenti all’autopsia. A un anno dai fatti, spetta agli inquirenti tirare le somme. Anche sulla base della relazione autoptica. Nella denuncia, la moglie del 70enne sostiene che da gennaio, periodo del primo ricovero al Moscati, “alla data del decesso si sono susseguite molteplici negligenze da parte dei sanitari”.
E per questo non intende arrendersi.