Non vogliamo entrare nel merito dei servizi perché c’è il rischio di commettere errori o scrivere inesattezze. Piuttosto si può entrare nel merito del comportamento umano e su quello bisogna farlo eccome, perché le persone che manifestano un bisogno meritano di essere ascoltate, specie se si tratta del rapporto paziente-medico.
E la segnalazione che arriva da una lettrice del Telesino apre uno squarcio su cosa non deve accadere quando ci si trova in una condizione di manifesta sintomatologia che desta preoccupazione. Quante volte si è sentito parlare di persone che si sono presentate in ospedali o pronto soccorso con problematiche varie che sono state derubricate a piccolezze e alla fine così non era. Ecco, cose del genere vanno evitate, almeno l’ascolto è doveroso.
La storia ha un’area ben precisa, la Valle Telesina, luogo nel quale sorge la struttura in cui si è verificato il fatto spiacevole che ha destabilizzato tanto la persona che ha chiesto aiuto nella tarda serata di ieri. Un forte mal di testa, pressione molto bassa e tanta paura per questa ragazza che ha deciso di ricorrere alla cura dell’ospedale, ma ciò che si è trovato di fronte è stato un muro, poco ascolto e minimizzazione del problema.
“Una reazione che ha scioccato me e la persona che mi ha accompagnato – così inizia il racconto. Non ho trovato comprensione da parte del medico che mi ha accolto, né tanto meno la voglia di ascoltarmi per darmi dei consigli su come affrontare una questione che mi stava mettendo molta ansia, visto che stava perdurando nel tempo. Tono di voce davvero molto alto, scocciato, tanto da decidere di non poter accettare un comportamento del genere e andare via. E non parlo di un ricovero nella struttura, ma almeno provare a vedere di che si trattava, rincuorarmi, prendere informazioni o trovare una soluzione da adottare. Questo medico ha insistito con l’impossibilità di fare una radiografia ma non l’avevo neanche chiesta”.
Un comportamento che ha costretto la paziente ad allontanarsi, “scusandomi anche per il disturbo” e trovare una soluzione alternativa, anche perché il malessere non passava e la preoccupazione neanche.
“Sono andata, poi, in un’altra struttura sempre in Valle Telesina, a Cerreto per la precisione – continua il racconto – e lì mi hanno accolto, ascoltato e si sono preoccupati almeno. Non hanno avuto problemi nel mettersi a disposizione con un prelievo di sangue ed elettrocardiogramma. Insomma, mi hanno rassicurata e soprattutto hanno individuato una cura per affrontare il problema. Non voglio essere polemica, sicuramente so che ingolfare gli ospedali per dei mal di testa non è cosa da fare, ma qui è mancata proprio la disponibilità e l’ascolto. Bastava dirmi cosa fare, con un tono diverso e sarei andata via seguendo il consiglio. Invece ho trovato un atteggiamento molto aggressivo nel parlarmi”.
Ragionevole come conclusione, dal Covid e con l’introduzione dei codici, si è deciso di snellire le pratiche sanitarie per non ingolfare gli ospedali in affanno, spesso per problemi piccoli. Ma, in questo caso, non si entra nel merito di ciò che può fare un ospedale, quello è un altro discorso e sarebbe ben più ampio.
Qui si parla di umanità e di ascolto, perché la cura non passa solo per la risoluzione del problema, passa anche per l’accoglienza e per la rassicurazione e consigli su come agire per persone che, a torto o a ragione, di fronte a un problema fisico, perdono lucidità e si fanno attanagliare dalla paura. Ecco, anche questa è cura del paziente.