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Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta a firma di Annarita Del Donno. Un amaro sfogo per capire come sia possibile che manchi il giusto riconoscimento nei confronti del padre, il Maestro Antonio Del Donno, nella sua terra natale a differenza di quanto accade nel mondo.

Mi chiamo Annarita Del Donno, figlia del Maestro Antonio Del Donno. Queste parole sono scritte in prima persona, a titolo strettamente personale, senza aver condiviso il mio pensiero con alcun membro della mia famiglia. Nonostante il tono rispettoso che intendo mantenere, non posso nascondere la mia profonda delusione e sincero rammarico per l’indifferenza che sembra circondare la figura di mio padre, un artista riconosciuto e celebrato a livello mondiale, ma inspiegabilmente trascurato nella sua stessa terra natale.

Mio padre, oltre a essere un artista straordinario, è stato anche un insegnante di arte e immagine. Ha amato moltissimo il suo ruolo di educatore, trasmettendo ai suoi studenti non solo le tecniche artistiche, ma anche l’amore per la bellezza e per l’espressione creativa. Il suo impegno nell’educazione è stato un altro modo in cui ha contribuito alla comunità, lasciando un segno indelebile nella vita di chi ha avuto la fortuna di essere suo allievo.

Viviamo in una città che si vanta di celebrare l’arte e la cultura, di intitolare strade, piazze, e di inaugurare musei e installazioni. Eppure, viene spontaneo chiedersi quali siano i criteri di queste celebrazioni, considerando che Antonio Del Donno, un uomo che ha contribuito in modo significativo alla ricchezza artistica di questa comunità, continua a essere escluso dal riconoscimento che merita. Perché?

Parliamo di un artista inserito tra i 100 più importanti al mondo. Del Donno ha donato opere monumentali alla sua città, molte delle quali sono conservate presso il Museo del Sannio. Eppure, quante di queste opere sono effettivamente visibili al pubblico? La realtà è che molte di esse giacciono nei depositi, lontane dagli occhi dei visitatori, mentre il museo espone artisti di ogni epoca. Com’è possibile giustificare l’assenza di un autore del calibro di Del Donno in un contesto simile?

La città stessa è ricca di opere monumentali di mio padre, installate non solo in luoghi istituzionali, come i giardini della Rocca dei Rettori, sede della Provincia di Benevento, o il Palatedeschi, ma anche presso l’Ospedale San Pio, la Chiesa di San Gennaro e in luoghi privati, purtroppo spesso poco valorizzati. Quante di queste opere sono ben tenute? Questa è un’altra domanda che merita una risposta.

Non posso non menzionare anche la situazione di Santa Croce del Sannio, dove sorge un polo museale dedicato all’artista, ospitato a Palazzo Vitelli. Questo luogo, che avrebbe dovuto essere un simbolo di orgoglio e valorizzazione territoriale, non è stato adeguatamente pubblicizzato. Non vi è traccia della sua esistenza nei canali ufficiali, e il polo è stato smantellato per far spazio agli studenti durante un’emergenza, senza che la famiglia dell’artista venisse minimamente coinvolta. Ora, a distanza di oltre quattro anni, gli studenti sono tornati a scuola, ma di Palazzo Vitelli e delle opere di Del Donno non vi è ancora alcuna notizia.

Mi chiedo, e vi chiedo: questa negligenza è frutto di una scelta deliberata o di una semplice mancanza di attenzione? In entrambi i casi, il risultato è desolante. Una città che si autoproclama culla dell’arte e della cultura non può permettersi di dimenticare un artista che tanto ha dato, senza mai chiedere nulla in cambio.

Non si tratta di elemosinare attenzione. Ma è inevitabile provare amarezza quando vedo altre iniziative artistiche e culturali e penso a come Antonio Del Donno continui a essere ignorato. Ma chi decide la grandezza e l’importanza di un artista? I critici? I galleristi? Le leggi di mercato? Dove e come si misura il valore spirituale, concettuale, culturale di un artista? A interessarsi delle opere di mio padre e a scrivere di lui sono stati figure di spicco come Achille Bonito Oliva, Achille Pace, Robert Carroll, Enzo Battarra, Gianni Barachetti, Annamaria Maggi, Silvio Zanella, Matteo Saponaro, Ralph Rentsch, Clotilde Paternostro, Mirella Bentivoglio, Antonio Petrilli, Angelo Zara, Filiberto Menna, Giuseppe Galasso, Lino Lazzari, Salvatore Basile, Enrico Narciso, Salvatore Moffa, Mario Persico, Paolo Cavuoto, Arnaldo Ricciuti, Mario Rotili, Nico De Vincentiis, Gianni Garrera. Questo e altro è raccolto in un libro Senza limiti – vita e opere di Antonio Del Donno, scritto da Simona Lombardi e pubblicato da Elkozeh Edizioni, nato da una tesi di laurea discussa alla Federico II di Napoli. La scelta di Simona, supportata dal suo relatore e controrelatore, ha un valore significativo per la riflessione profonda che ne scaturisce. Simona, una giovane studentessa, ha posto una domanda che anche io mi sono spesso fatta: come mai a Benevento vive un artista di così grande valore, non solo sul piano artistico, ma anche umano, eppure il suo nome e la sua arte sembrano essere sconosciuti ai giovani della città? Come mai un talento di tale portata non trova lo spazio che merita nella cultura locale, e perché non se ne parla come dovrebbe? È una domanda che invita a una riflessione più ampia sulle dinamiche culturali e sulla visibilità degli artisti, ma soprattutto sul legame che dovrebbe esserci tra le generazioni più giovani e il patrimonio artistico che li circonda. Questo volume, è stato presentato in anteprima a Benevento, e successivamente al MAXXI di Roma, grazie all’impegno dell’editore che ha scelto di valorizzare la grandezza dell’artista nella sua città natale, tuttavia ci si può giustamente chiedere: quante persone hanno realmente preso il tempo di leggere e approfondire il contenuto di questo lavoro, così fondamentale per comprendere appieno il valore di Antonio Del Donno?

Forse mio padre, scegliendo di prendere artisticamente le distanze dalla sua città, aveva intuito che qui non avrebbe trovato il riconoscimento che invece gli è stato tributato altrove. E forse, alla fine, gli è bastata la stima sincera dei suoi amici più cari.

Forse è quello che sta facendo un artista il cui percorso creativo seguo con ammirazione e crescente interesse. Sta portando avanti un percorso artistico di grande valore, costruendo se stesso e la sua arte in un moto continuo di crescita personale e creativa. Lo fa lontano dai riflettori beneventani, dimostrando che il valore dell’arte non risiede solo nella visibilità immediata, ma nell’impegno costante e nella dedizione alla propria visione. Bravo Alessandro! La tua capacità di lavorare con passione e profondità è un esempio di quanto l’arte possa essere un viaggio di scoperta e arricchimento, per chi la crea e per chi la vive.

Ma noi, come comunità, abbiamo il dovere morale di rendere giustizia alla memoria e all’opera di Antonio Del Donno. Non farlo significherebbe non solo ignorare un grande artista, ma tradire un pezzo importante della nostra identità culturale.

Mi auguro che queste parole possano essere accolte come uno spunto per riflettere e per agire. Non sarà certo perché Benevento non gli riconoscerà il giusto tributo che sarà cancellato un bene così prezioso.

Con rispetto e rammarico,

Annarita Del Donno