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La Corte di giustizia dell’Unione europea con sentenza del 7 aprile 2022 ha bocciato la normativa italiana sui giudici di pace. La sentenza stabilisce definitivamente che il giudice di pace deve essere qualificato come un lavoratore a tempo determinato e, come tale, deve godere del diritto alle ferie retribuite, alla tutela assistenziale e previdenziale. La sentenza afferma espressamente che è “inammissibile” una possibile negazione di tali diritti. 

La portata innovativa della sentenza si riscontra anche laddove afferma – per la prima volta – che non vi è, nell’ordinamento giuridico italiano, alcuna disposizione che consenta di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo il rinnovo abusivo dei rapporti a termine dei giudici onorari, in violazione della clausola 5 di cui all’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.

La Corte si è pronunciata a seguito di una richiesta di rinvio pregiudiziale sollevata dal TAR Emilia-Romagna nell’ambito di un ricorso promosso da un giudice di pace, assistito dagli avvocati sanniti Giovanni Romano, Egidio Lizza e Luigi Serino, volto a rivendicare i diritti economici, assistenziali e previdenziali, negati dalla normativa nazionale.

“L’importanza della sentenza – commentano gli avvocati sanniti Giovanni Romano, Egidio Lizza e Luigi Serino, che si sono occupati del caso – risiede nel riconoscimento di un palese contrasto tra le direttive UE in materia di lavoro subordinato e le norme nazionali che, da oltre vent’anni, non prevedono per i giudici di pace il diritto alle ferie retribuite, né un regime assistenziale e previdenziale, ivi compresa la tutela della salute, della maternità e della famiglia, analogamente a quanto previsto per i Magistrati ordinari”.

 “Ciò apre ampio spazio – concludono i legali – all’introduzione di azioni risarcitorie e alla rideterminazione dei trattamenti pensionistici, ma quel che maggiormente conta è che i principi giuridici così delineati dirigono in senso diametralmente opposto a quanto sino ad oggi concretamente fatto dal Ministero della Giustizia, per il quale si impone un cambio di passo”.

In ottemperanza a tale pronuncia, è probabile che lo Stato italiano dovrà ora adeguarsi, sia ripianando il trattamento discriminante utilizzato nel passato per tali Giudici, e in generale per la magistratura onoraria, sia conformando per il futuro la propria legislazione al principio di equivalenza con la magistratura ordinaria, richiesto in ambito europeo.