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In un’atmosfera di profondo dolore si sono celebrati stamani a Pannarano i funerali di Annibale Miarelli, decapitato la notte del 3 luglio scorso dal fratello Benito. Mentre di fatto tutta la piccola comunità del Partenio era in attesa sul Sagrato ed all’interno della Chiesa di San Giovanni Battista l’arrivo da Benevento, autorizzato dalla Magistratura inquirente, della salma dello sfortunato concittadino 68enne, le menti di tutte erano travolte dalle più recenti notizie. Infatti, mentre si rendeva l’estremo saluto ad Annibale, il concittadino che, segnato da alcune sciagure familiari, da pochi mesi era rientrato dopo una vita di lavoro altrove nel suo Comune di origine, con la speranza di poter ritrovare un minimo di serenità, tra i presenti al rito funebre, a partire dal sindaco Antonio Iavarone, che aveva proclamato il lutto cittadino, serpeggiava lo sgomento per la tragica scomparsa, nelle ore appena precedenti, di due diciassettenni della vicina Rotondi, periti in un terribile incidente stradale in scooter all’una del mattino nell’altrettanto vicina Montesarchio nella stessa Valle Caudina.

Una coincidenza ed un incrocio di destini atroci che hanno incupito ancora di più l’aria bollente da anticiclone africano. 
La terribile esecuzione  di Benito, accanitosi contro Annibale con un’ascia per motivi ancora oggi incomprensibili, e fattosi poco arrestare dai Carabinieri mentre aveva tra le mani la testa del fratello, aveva gettato nello sconforto il piccolo centro, balzato di colpo dal 4 luglio agli onori delle cronache nazionali in una maniera ed in una misura inopinate al punto che l’incredulità e l’orrore che stringevano i cuori e le mente si tagliavano a fette. I cittadini, combattuti tra, da un lato, il desiderio di manifestare con la loro presenza al funerale la propria solidarietà ed il proprio affetto ad Annibale, e, dall’altro, la voglia che questa vicenda fosse al più presto dimenticata dall’Italia intera, avevano ed hanno chiaramente espresso la volontà, peraltro identica a quella della Famiglia Miarelli, che i giornalisti, le telecamere, le fotocamere, si tenessero a grande e rispettosa distanza dal feretro e dalla Chiesa nel tentativo di recuperare un po di privacy, di dignità e di rispetto per la povera vittima.     
La cronaca spesso costringe il giornalista a mettere insieme elementi agghiaccianti ed indicibili: ma certo quello che è successo a Pannarano e da ultimo a Montesarchio non riesce a stare insieme e chissà se potrà mai essere in qualche modo metabolizzato dalle comunità travolte da tanto orrore e da tanta angoscia.
Lo stesso parroco di San Giovanni Battista, don Michele Sbordone, nell’officiare il rito funebre, era chiaramente in difficoltà tanto che nell’Omelia ha detto. “Le parole umane non servono, serve solo la parola di Dio”, perché è evidente un compito fin troppo arduo cercare di spiegare quello che una ragione non ce l’ha. Il parroco ha quindi consegnato ai familiari di Annibale una lettera privata che l’Arcivescovo Metropolita di Benevento, mons Felice Accrocca, ha inviato alla comunità ecclesiale di Pannarano.