“Solo la verità, lo giuro”. E’ il titolo del libro presentato a piazza Federico Torre dal giornalista Antonio Padellaro, evento inserito nel cartellone della 45esima edizione di Città Spettacolo. Al suo fianco sul palco il sindaco di Benevento Clemente Mastella e il rettore dell’Università degli Studi del Sannio Gerardo Carfora. Nella prima parte è si è unito anche lo scrittore Maurizio De Giovanni per un breve saluto per poi andare all’Hortus Conclusus dove era in programma una sua performance teatrale.
L’ultima opera dell’editorialista del Fatto Quotidiano è un viaggio dietro le quinte della politica italiana che ha vissuto in prima persona nella sua lunga esperienza di oltre 50 anni nel mondo dell’informazione. Tanti i ricordi e gli aneddoti raccontati da Padellaro che ha ripercorso la strada che ha portato alla nascita del Fatto Quotidiano, giornale che “non percepisce sussidi pubblico” come affermato con grande onore da una delle penne più importanti del giornalismo italiano. Non è mancata una disamina dell’attuale situazione politica italiana con Padellaro che ha rimarcato il diverso spessore prima di tutto umano di politici di altri tempi come Berlinguer e Almirante, avversari nella contesa quotidiana ma entrambi mossi da una profonda stima reciproca. Padellaro, poi, ha ripercorso il rapporto con Silvio Berlusconi, una sorta di manna dal cielo per il suo giornale “capace (detto sorridendo) di riempire la prima pagina già a metà mattina”.
L’editorialista del Fatto Quotidiano ha spiegato qual è stato il motivo che lo ha spinto a fondare un nuovo giornale insieme a Marco Travaglio che lavorava insieme a lui ai tempi dell’Unità: “Marco – ha detto – ogni giorno curava una rubrica chiamata bananas che prendeva di mira Berlusconi, cosa non gradita a Pietro Fassino, all’epoca segretario dei Ds. Ogni giorno ricevevo una telefonata da lui che mi esprimeva tutto il suo disappunto per questa situazione e da questo disagio è nata l’idea insieme a Marco di fondare un nuovo giornale che ha sempre avuto come faro la Costituzione e che ha nella gente il suo interlocutore principale”. Questo uno dei suoi passaggi contenuti all’interno del libro: “Sì, mi sono divertito ma la festa è finita da tempo. Il pianeta cartaceo si sta rapidamente sgonfiando sotto i colpi implacabili della rete e del disinteresse. Ancora qualche anno e le vecchie redazioni non esisteranno più come sistema pensante. E l’idea del giornale come idea del mondo rimarrà in una forma estremamente elitaria e con numeri sempre più piccoli. Mi sento come il sopravvissuto di un pianeta che progressivamente scompare”.
Autoironico e mai banale, Padellaro ha chiarito anche un episodio che a distanza di molti anni genera ancora polemiche: “Quando si cercava la prigione di Aldo Moro venne fuori la parola Gradoli e i giornali iniziarono ad interrogarsi se il riferimento era all’omonimo paese vicino Roma. In realtà si trattava di via Gradoli, dove c’era un covo freddo delle Brigate Rosse. I giornali cercarono di capire la provenienza di questa parola e io ed un mio collega venimmo a sapere che era emersa in una riunione a casa di Romano Prodi. Chiaramente chiesi lumi al professore circa la veridicità di questa versione e mi fu risposto che la parola Gradoli era emersa durante una seduta spiritica nel quale era stato evocato lo spirito di La Pira, il sindaco santo di Firenze. Le cose non andarono così ovviamente perché la parola Gradoli era venuta fuori da ambienti universitari bolognesi”.