“I nostri occhi, le nostre menti, la nostra sensibilità è investita dai fatti e dalle immagini che provengono dall’Ucraina. Città distrutte. Case abbattute. Ospedali gravemente danneggiati. Infrastrutture civili poste fuori servizio. È un martirio. È uno sfregio. È un’offesa all’umanità. È la guerra! Nessuno vuole la guerra. Ma, lontani dall’acribia, nessuno vuole distinguere l’invasore dall’invaso. L’aggressore dall’aggredito. Tutti propendono verso un giudizio che di fatto ha i connotati più simili ad una mélange. Dove tutti hanno ragione e tutti hanno torto. La ragione, il giudizio obiettivo, appare in esilio. Non sembra abitare tra di noi.
E così… la società langue. La quotidianità si evolve, si dipana nella vita, del giorno dopo giorno, attaccata, legata alla guerra. Vissuta, in una parte dell’Occidente, come un sogno. Come un cinema. Ma anche come sofferenza. Precisando… per guerra non si intende solo quella guerreggiata. Quella “messa” sotto i riflettori da tutti i mezzi di comunicazione, da tutti i mass media. La guerra Russia-Ucraina. La guerra che ci interroga. Ci scuote. Ci inquieta. I boati delle bombe, che cadono su Kiev o su Odessa, rimbombano nei nostri cuori. Nel nostro intelletto. Nel nostro animo. E tuttavia… il mondo è in guerra in ogni angolo della terra. Dappertutto. Vi è una guerra che serpeggia, anche, tra i nostri concittadini, nel nostro popolo. Oltre a quella, non ancora estinta, del covid-19. È la “guerra” che parla delle nostre insufficienze. Delle nostre difficoltà. Ma anche delle nostre pigrizie. Delle nostre indolenze. Delle nostre apatie. Questo contesto, che si presenta nero, cupo, improvvisamente si illumina. Scatta la consapevolezza. E con essa la solidarietà, vera, disinteressata, positiva, rivolta a dare supporto ed aiuto al prossimo ma allo stesso tempo e, soprattutto, si apre alle fragilità umane. Quelle più prossime. Vicine. Non solo. Si manifestano… affiorano anche altre forme di solidarietà. Sul versante economico e del lavoro. È sufficiente, basti vedere le attività di prossimità. Quelle degli operatori dei mercati, quelle dei ristoratori, quelle del mondo imprenditoriale. Di tutto il mondo imprenditoriale. Questi mondi, già prima del covid-19, erano in difficoltà. Erano stremati. Non si sono registrati in questi ultimi 10 anni veri, sostenuti e lunghi periodi di crescita economica. Tutt’altro! A ogni tornante della nostra storia “una crisi”. Una crisi sempre più forte di quella precedente. Malgrado ciò.… oggi, pur concentrati nel lavoro quotidiano, pur sgobbando, pur sudando nascono tanti episodi di solidarietà in relazione a tantissime problematiche che segnano i vari comparti economici e sociali.
Purtroppo, stiamo camminando, camminiamo verso un traguardo che vede, e che forse vuole, cocciutamente, l’uomo al servizio della società. Molti forse sono anche soddisfatti di questa condizione. L’uomo che si apre agli altri. Che si apre alla società. Ma non basta! È necessario “un braccio” di ritorno. L’uomo si deve aprire alla società; deve essere a servizio della società. Ma anche la società, gli altri, il prossimo, i tanti prossimi devono essere a servizio dell’uomo. Del singolo uomo. Oggi, viceversa, l’uomo è al servizio della società. Lo domina. I suoi apparati burocratici hanno preso il sopravvento sull’uomo. Sull’imprenditore. Sul lavoratore. Sulla sua capacità di iniziativa. Sul suo darsi da fare. Sul suo spendersi a servizio del benessere di tutti. La conferma? Il bilancio dello Stato e degli altri enti pubblici. I bilanci pubblici sono una voragine. Soldi spesi male. Senza criterio. Sprecati. Atti che offendono la dignità degli uomini. L’esempio dello Scabec di Napoli è una riprova. Vergognosa è stata la gestione di chi ha retto quell’istituto. Vergognose anche le omissioni di chi avrebbe dovuto controllare quell’istituto e non lo ha fatto. Si mette impunemente, almeno finora, le mani nelle tasche dei cittadini. Dicendo a gran voce di servirli. I bilanci pubblici in disordine, come è noto, scaricano sulle generazioni future gli sprechi di oggi. Lo scialo, gli sperperi di oggi. Non solo rappresentano errori economici sono azioni vergognose sul piano morale. I bilanci pubblici provocano grandi disuguaglianze. Sacche di povertà. E chi dovrà provvedere?
Naturalmente sono settori e comparti sociali nei quali si dovrà intervenire. Rapidamente. Bisognerà assicurare alla giustizia i manigoldi. Bisognerà ripianare i bilanci. Ristabilendo la correttezza amministrativa. La legalità. Di tutti e di ciascuno. E ridare al “Pubblico” significato, valenza esaltando il ruolo che svolge nella società.
Insomma. Come ci insegnano i nostri Maggiori, il diritto individuale è sacrosanto. Ma va coniugato con la responsabilità collettiva. Il diritto individuale e la responsabilità collettiva è l’intreccio da considerare prioritario. E per il quale spendersi!”