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La Giunta della Comunità Montana del Fortore ha espresso all’unanimità formale dissenso relativamente alle disposizioni contenute nel piano di dimensionamento degli Istituti scolastici, inserito dal governo Meloni nella Legge di Bilancio 2023, che produrrà effetti a partire dal 2024/2025. Una totale contrarietà è stata manifestata verso una proposta che rappresenta una seria minaccia per le aree interne del Mezzogiorno e per i  territori interni e montani come quello su cui insiste l’ente rappresentato. La Giunta della pubblica amministrazione fortorina, nel provvedimento varato, sollecita Regione Campania, Conferenza Stato-Regioni, Uncem, Upi, Anpci, Anci, la deputazione regionale e nazionale sannita affinché ponga in essere “ogni utile iniziativa intesa a confermare la deroga per le aree interne, collinari e montane, contro il limite minimo di alunni per istituto scolastico di primo e secondo grado, essendo tali aree maggiormente interessate da fenomeni di desertificazione sociale, di denatalità e di crollo demografico”.  “Il nuovo piano di dimensionamento – spiega il vice-presidente della Comunità Montana del Fortore, Giuseppe Addabbocosì come proposto e formulato, è oltremodo penalizzante per l’organizzazione scolastica, non solo sull’intero territorio nazionale, ma ancor di più per le aree interne delle regioni del Sud dove, più delle altre, si risente il fenomeno dello spopolamento e della desertificazione, particolarmente evidenti nei comuni di minori dimensioni ricadenti in aree montane”.

L’esecutivo dell’ente ha altresì richiamato, nel corpo della delibera, la sentenza della Corte Costituzionale che, dichiarando la illegittimità costituzionale dell’art. 64 comma 4 del D.L. 112/98, ha confermato di fatto la competenza esclusiva regionale in materia di programmazione della rete scolastica.

L’autonomia scolastica degli istituti – precisa ancora Addabbo – se attuata con l’aumento del numero minimo degli alunni iscritti, determina di fatto una visione esogena della problematica, che mal si concilia con settori fondamentali dello sviluppo, rappresentati dalla cultura e dalla scuola. E’ inaccettabile una proposta di questo genere e soprattutto è ora che tutti abbiano contezza di quello che sta accadendo sopra le nostre teste. Perché probabilmente ancora non si è inteso il rischio concreto che stiamo correndo. Il problema va sollevato a tutti i livelli ed è opportuno che questo tentativo di sottrarre anche gli ultimi presìdi aggregativi alle piccole realtà venga sventato grazie ad una presa di coscienza collettiva. La derivante ed inevitabile riduzione dei plessi scolastici – conclude il vice presidente dell’ente montano Addabbo – determinerà effetti negativi sulla vitalità della collettività locale, di cui la scuola costituisce patrimonio fondamentale”.