Benevento – Ancora pochi giorni e il vento tiepido del Salento tornerà a soffiare sulla serie B. La super sfida tra Lecce e Benevento ha già catalizzato l’attenzione, effetto tipico degli appuntamenti da cerchiare in rosso. E’ un campionato strano, più del solito, ed è forse qui che risiede l’importanza di non commettere passi falsi nei testa a testa. Lo sa bene Luigi De Canio, tecnico navigato che in carriera ne ha viste di tutti i colori. In Salento ha addirittura ricoperto il ruolo del manager all’inglese: allenatore in campo, rigoroso sorvegliante dei bilanci fuori. E le difficoltà, si intuisce, in questi casi aumentano a dismisura. “Come le soddisfazioni, però”, ci tiene a precisare al telefono quando lo cerchiamo per un’intervista.
Subito, a bruciapelo. La sfida di domenica ha una favorita?
“Credo sinceramente che sarà una partita molto equilibrata tra due delle squadre più forti del campionato. Questa serie B è molto livellata nei piani alti, ci sono davvero parecchie compagini forti lassù e altre che possono rientrare dalle retrovie. Penso al Monza, alla Cremonese, al Parma, al Brescia. Ecco, rischio di dimenticarne qualcuna…”
A proposito di Brescia, ricorda a memoria un esonero con la squadra a due punti dal primo posto?
“Confesso che non sono un assiduo lettore di giornali sportivi, quindi qualche dettaglio mi sarà sfuggito, ma la situazione che ha visto coinvolto Inzaghi mi ha fatto sorridere. Poi Cellino, si sa, riserva sempre delle sorprese”.
A Benevento c’è invece Fabio Caserta. Lei lo ha avuto da calciatore proprio in Salento, negli ultimi mesi della stagione 2008/2009. La stupisce vederlo in panchina?
“E’ stato con me solo poche settimane, purtroppo non ho avuto l’opportunità di conoscerlo profondamente ma ho il ricordo di un ragazzo molto intelligente e preparato. Lo vedo preso dalle esigenze della squadra, non posso che fargli i complimenti. Il percorso che sta facendo non mi sorprende affatto, la persona è di grande qualità, ha passione e competenze. Sta facendo bene ovunque, la sua crescita è evidente”.
L’immagine più bella della sua esperienza a Lecce?
“Un gran bell’ambiente e i risultati sportivi. Arrivai a stagione in corso e non riuscimmo a salvarci nonostante tante prove di carattere. Avevo una squadra viva. Restai l’anno successivo in B e vincemmo il campionato, ma è nell’anno seguente che abbiamo compiuto l’impresa. Un dirigente di serie A disse che avremmo fatto un miracolo ad arrivare terzultimi, noi addirittura ci salvammo con una giornata di anticipo. Una soddisfazione, come dicevo, ancora più grande in virtù del ruolo che ricoprivo. Fare un campionato di serie A preoccupandosi della gestione economica e di quella tecnica è davvero complicato. Non solo mantenemmo la categoria, ma valorizzammo tanti giocatori di proprietà la cui cessione avrebbe poi fatto rifiatare le casse societarie”.
Il Benevento invece non lo ha mai allenato, eppure…
“Eppure è un club che mi trasmette un’enorme simpatia, mi informo sempre sui risultati e sull’andamento della squadra. Diciamo che ci sono affezionato per varie ragioni”.
Di che tipo?
“Innanzitutto mi piace ricordare gli incroci da avversario quando ero calciatore e giocavo nel Matera. Erano sfide bellissime, sempre molto combattute. La C degli anni Ottanta era qualcosa di splendido. Poi uno dei ricordi più belli della mia vita da allenatore, quel playoff di C2 del 1995 con la semifinale vinta quando ero alla guida del Savoia: 2-0 per noi a Torre Annunziata e 3-3 a Benevento. Poi avremmo battuto il Matera in finale conquistando la promozione in C1, ma mi lasci dire che al di là del risultato quel pomeriggio in campo si respirava un’atmosfera splendida”.
E poi quella parentesi col Napoli della stagione 2001/2002. A causa del San Paolo inagibile, alcune gare casalinghe degli azzurri si giocarono al vecchio “Santa Colomba”.
“Esatto, mi riferivo anche a questo. Fu una stagione particolare, giocammo a Benevento diverse partite. Mi viene in mente tutta la simpatia con cui fummo accolti. Sono momenti che mi piace sempre ricordare con piacere”.
L’ultima esperienza in panchina a Terni, tre anni fa. Non avrà mica detto basta?
“No, mi piacerebbe tornare ad allenare ma non aspetto nessuna chiamata. ‘Aspetto una telefonata’ non mi piace, mi sa di frase fatta. Mettiamola così: non ho particolari aspettative. Poi, se capita…”
Come l’amore. Una vita vissuta nel calcio è anche questo.